August 2010

Corri che t'informi

Io con le mie scarpe da joggingD'estate, in genere appena sveglio, corro una mezz'oretta. Non è un gran esercizio fisico, ma è vero che ci si abitua al piccolo sforzo e ci si sente meglio.
Sono in molti che lo fanno in una Valle in cui gli sportivi sono tanti, anche se la mia impressione è che ci sia un incremento di ciclisti a detrimento  del jogging, che è meno praticato di un tempo (così come il golf ruba appassionati al tennis).
Mentre corro, con le cuffiette nelle orecchie, sento i "giornali radio", passando sul Web dall'Italia alla Francia, e ascolto le rassegne stampa mattutine che ti offrono anche le prime pagine dei giornali.
Era Friedrich Hegel che diceva: «la preghiera del mattino dell'uomo moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico».
Oggi la "purée di media" rende l'esercizio più complesso, aggiungendo come necessarie per una completezza le immagini che la televisione assicura con continuità, ma è la Rete che offre la multimedialità. Dunque la "vera" rassegna stampa personalizzata avviene "à la carte" attraverso il proprio computer.

Non è un Paese normale

Umberto BossiSe fossimo in un Paese normale, specie in questo contesto di crisi economica internazionale che continua a colpire malgrado certi ottimismi, si convocherebbe il Parlamento per una discussione politica che accerti o meno l'esistenza di una maggioranza: in caso contrario si aprirebbe una crisi con due sbocchi possibili. Il primo scenario è un Governo di più o meno larghe intese, il secondo è rappresentato dalle elezioni anticipate. Se questo fosse il caso, come personalmente credo, ogni settimana risulterebbe preziosa per fissare al più presto la data delle elezioni per evitare situazioni di vuoto. Invece prima della metà di settembre tutto sarà... extraparlamentare perché siamo in estate.
Di conseguenza viviamo un tripudio di dichiarazioni in televisione: in abiti sportivi, i leader nazionali o sconosciute controfigure, quando i big sono in vacanza con destinazioni lontane, si sfidano a distanza su chi sia fra di loro il più arguto.
Trionfa, in tournée in diverse destinazioni nel Nord Italia, Umberto Bossi, che le elezioni le vuole pensando a un successo elettorale della Lega, e che viene decodificato dai cronisti a causa di quella crudele malattia che lo ha colpito e alla quale ha reagito con una forza d'animo invidiabile, pensando - oggi così in difficoltà a confronto con il passato - a quel profilo tribunizio che era una delle sue caratteristiche.

Il futuro dei giornali locali

Di recente una "cordata" di imprenditori ha acquisito un settimanale locale che era finito nella crisi di un grande gruppo editoriale.
Evidentemente chi ha messo mano al portafoglio, provenendo in larga maggioranza da settori diversi o molto diversi da quello della carta stampata, crede nel futuro dell'editoria locale, apprezzando le potenzialità - dirette e indirette - dell'investimento.

Che la canea cessi!

Giorgio NapolitanoGiorgio Napolitano ha tratti e modi, detto in senso nobile, aristocratici. Per questo forse per anni è circolata la notizia fasulla che il suo vero padre fosse addirittura Umberto di Savoia, l'ultimo re d'Italia.
Ho lavorato con Napolitano alla Camera e al Parlamento europeo e sono onorato dalla sua amicizia. E' un uomo deciso e corretto che mira al sodo con un pragmatismo che gli deriva dalla lunga militanza comunista e da una cultura europeista e cosmopolita.
Quando oggi si usa "comunista" in senso dispregiativo, ciò fotografa il fallimento nel concreto di un'idea che si è incarnata in regimi totalitari, le cui utopie e speranze hanno tuttavia alimentato generazioni di giovani e di questo bisogna avere buona memoria per onestà intellettuale. Era una storia di rigore e di disciplina, che prevedeva studio e applicazione e, anche per questo, Napolitano è un uomo colto e preparato, rispettoso delle istituzioni. Le sue arrabbiature, da come lo ricordo, sono fatte - a dispetto delle origini partenopee - di gelo anglosassone e di ironia tagliente.
Questa volta, invece, l'ottimo Presidente della Repubblica si è arrabbiato davvero per le continue polemiche sui suoi comportamenti. Già in passato, sia con la destra sia con la sinistra, aveva rivendicato gli spazi di libertà del Capo dello Stato, ma questa volta è sbottato per i continui processi alle intenzioni di una parte del PdL, che vorrebbe stringere all'angolo il Quirinale e in caso di crisi imporre di andare al voto senza la soluzione alternativa di un "Governo di transizione" per rifare l'orrida legge elettorale in vigore.
Rispondendo a certe critiche di violazione della Costituzione, lui, conoscitore del diritto costituzionale, ha rinviato al mittente le accuse in punta di Costituzione e c'è da augurarsi che ora certa canea taccia per rispetto e per dovere.

Addio, Presidente

Francesco Cossiga alla sua scrivania ai tempi del QuirinaleHo incontrato molte volte dal 1987 al 1992 l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Furono quelli anni di grande turbolenza politica ed ero deputato valdostano. Con il senatore Cesare Dujany conquistammo il diritto ad una presenza autonoma dei Parlamentari valdostani alle consultazioni al Quirinale in occasione di passaggi politici topici, in genere in vista della formazione di un nuovo Governo.
Cossiga - che dava idea di conoscere bene la nostra Autonomia speciale - ci riceveva volentieri, ma l'andamento dei colloqui dipendeva dal suo umore, dovuto ad una depressione bipolare curata - così si diceva negli ambienti politici romani - con il litio.
Se era su di giri gli incontri non finivano mai, mettendo in imbarazzo il Cerimoniale, visto che le altre delegazioni dovevano attendere. Si passava dal ruolo delle Autonomie speciali (lui si autodefiniva "sardista") a temi linguistici (il francoprovenzale valdostano lo incuriosiva) sino a chiacchiere diffuse sui retroscena della politica e la sua era un'aneddotica ricca ed espressiva, senza peli sulla lingua.
Se era viceversa in momento depressivo, l'incontro era un nostro monologo sui problemi Valle d'Aosta-Stato e sulla situazione politica e lui si limitava a monosillabi in un clima triste ed imbarazzato.
Un uomo strano, che incontravo con curiosità, appartenendo alla generazione di "Kossiga" con la "K", quando lui era Ministro dell'Interno e io studente liceale.
Da "picconatore" (nei periodi up), il Presidente della Repubblica, poi senatore a vita nel Misto, dove siedono anche i valdostani, diceva verità sgradevoli o anche cose inattendibili.
Non credo che la storia sarà tenera con lui.

Due marchi, due gusti, lo stesso nome...

Formaggio Gruyère nella cantina di stagionaturaSui marchi di qualità si gioca molto della nostra agricoltura e questo giustifica l'interesse verso l'evoluzione della materia in Europa.
Dalla Svizzera - che con gli accordi bilaterali aderisce a parte delle normative comunitarie - arriva una notizia curiosa: "Le célèbre Gruyère suisse restera le seul à détenir l'appellation d’origine contrôlée européenne. La France, qui en avait fait la demande auprès de Bruxelles, se contente finalement du label d'indication géographique protégée (IGP), moins prestigieux mais qui lui permet toujours d'utiliser le nom".
La questione è assai interessante perché  entrambi i formaggi avevano all'inizio la denominazione di origine nazionale nei Paesi d'appartenenza, ma la richiesta francese della "DOP" (Denominazione di origine protetta, in francese "AOP", Appellation d'origine protégée) ha creato ora questa differenziazione, che valorizza paradossalmente il formaggio svizzero legandolo di più al territorio ma evita ai francesi l'onta di cancellare la stessa definizione.
L'aspetto curioso è che il gusto dei due formaggi è notoriamente differente e ciò non può alla fine che creare sconcerto nel consumatore che con lo stesso nome e con label europei mangia due gemelli... diversi.
I francesi si sono sentiti dire dalla Commissione europea che il "dossier est trop faible" e soprattutto che "la zone d'affinage déborde très largement de la zone de production"
Annoto che, per complicare le cose, potremmo rivendicare noi stessi la presenza, in un passato lontano come ricordo di aver letto in antichi documenti, di "Gruyère" nella storica produzione di formaggi  della nostra Valle!

Funghi e alberi

Funghi porciniAmmiro la mia amica, già esaltata qui quando a sessant'anni aveva scoperto l'uso del computer, che ora si è data alla micologia con un corso per imparare - con teoria e pratica - a distinguere i funghi, aspetto tra l'altro assai rassicurante in caso di cena... fungina.
Io sono un praticone dei funghi: vivo di quanto imparato dalle gite con mio papà quando appresi, specie nei boschi di Pila, l'abbicì con attenzione ai funghi commestibili e a quelli mortali. Manca però l'approfondimento e talvolta scopro funghi che non avevo mai assaggiato per ignoranza.
Peggio ancora con gli alberi. I fondamentali sono poca cosa: distinguo pino e abete, amo i pini marittimi e i salici piangenti, mi destreggio con alcuni alberi da frutta e con i castagni, ma mi mancano un sacco di piante a larga diffusione. Mi spiace molto avere una cultura limitata in questo ambito e mi rendo conto che non sono una pecora nera.
L'impressione è quella di una crisi nel trasferimento di conoscenze di questo genere: un tempo questo avveniva con normalità, oggi si sa di più di tante cose, ma spariscono aspetti normali e banali dell'ambiente che ci circonda nel passaggio fra generazioni.

Piccoli dittatori crescono

Le tre tate, Lucia, Francesca ed Adriana, di 'Sos tata'Fare lo zapping, visto che sono tornato ad occuparmi di televisione, lo considero un dovere e per altro la televisione rappresenta, più o meno deformandola, la realtà.
Ho già scritto della maleducazione crescente di molti bambini, anzi dell'evidente incapacità di alcuni genitori di esercitare uno straccio di autorità parentale.
La "prova pranzo" è letale: nei ristoranti si assiste ad una tipologia di dittatori in erba. Chi vaga per la sala, chi grida rifiutando qualunque pietanza, chi insolentisce mamma, papà, nonni e così di seguito con l'imbarazzo di chi si è sforzato di avere figli educati e si sente un marziano.
La fotografia di questa sciatteria educativa è il format americano italianizzato "SOS Tata" su "Discovery realtime", dove operose tate - un misto fra il buonsenso da massaia e la preparazione da psicologa infantile - arrivano al capezzale di famiglie in preda a figli dai comportamenti teppistici e animaleschi e a genitori sfibrati ormai soggiogati da genie che hanno preso il sopravvento in casa come in un golpe sudamericano.
Alla fine della trasmissione, nel classico happy end, la famiglia diventa come quella del "Mulino Bianco" in un clima pacificato da autentico miracolo.
Sarebbe bello fare il sequel "un anno dopo" per scoprire che purtroppo era tutta una balla. Certo che, senza invocare svolte autoritarie, sarebbe auspicabile che in certi casi i bambini tornassero a filare dritto e non solo in favor di telecamera.

Un suo perché

Un tratto della Côte d'AzurQuando si scelse di chiamare l'Euroregione di cui facciamo parte - non ancora nata giuridicamente per varie ragioni che mi indignano e su cui battaglierò in autunno - furono con grande decisione Provence-Alpes-Côte d'Azur e a rimorchio la Liguria a chiedere di aggiungere al generalmente accolto "Alpes" anche "Méditerranée" sino alla sintesi "AlpMed".
Noi e i piemontesi accettammo di buon grado, anche se ciò, nel mio pensiero, affievoliva la montanità dell'Euroregione.
Riflettendo poi mi è venuta in mente l'esperienza della Via Alpina, il sentiero con due tracciati che traversa l'Arco alpino con partenza dai due lati: o il Principato di Monaco o la Slovenia, dal Mediterraneo insomma in cui le Alpi si tuffano.
E ancora la storia avvincente degli acciugai, tutti di origine occitana, a saldare le loro vallate - specie la Val Maira - a un pesce povero del Mediterraneo (ricordo che ne scrisse il recentemente scomparso Nico Orengo).
E pensiamo alla tribù liguro-celtica dei Salassi che popolarono la Valle d'Aosta, portando tutta una simbolistica - lo vediamo dalle sepolture - che ricorda il mare, quel mare che in un passato remoto formò una parte delle nostre montagne.
E allora il connubio Alpi-Mediterraneo ha un suo perché e rende la ricchezza di un'area geografica scollegata e ricomposta dai capricci della storia e siamo in una fase ricostruttiva, dopo il progressivo abbattimento delle frontiere imposte in passato a realtà così vicine e complementari.

Il giro di cronaca

Carabinieri e Vigili del fuoco davanti alla casa esplosa a Saint-VincentQuando ho cominciato a fare il giornalista, il "giro di cronaca" era un classico. Ricordo che prima dello spostamento della sede "Rai", per molti anni in redazione campeggiava il cartellone dei numeri da chiamare scritti grossolanamente di mio pugno. 
Da queste telefonate e da un gruppetto di corrispondenti (Rino Cossard a Saint-Vincent, Eugenio Squindo a Gressoney e via di questo passo...), quando non c'erano agenzie di stampa a farti il lavoro, ricavavi la materia prima per la "cronaca nera".
Le "brutte notizie" han sempre "fatto notizia" per evidenti ragioni consolatorie. Il destino colpisce ciecamente e quando ascolti (penso alla "Voix de la Vallée", per anni la fonte delle notizie per i valdostani) della casa esplosa per il gas, del bimbo morto precipitando in un burrone, degli alpinisti caduti in cordata, del motociclista morto in un incidente ti identifichi con il dramma e pensi che non è capitato a te nella roulette russa della vita quotidiana di cui sei giocatore senza volerlo.
Somiglia in fondo a quel meccanismo psicologico che odi nei tuoi genitori e di cui ripercorri i passi, quando annoti anche tu - nella chiacchiera con gli altri   - morti e disgrazie dei tuoi coetanei ed amici. Gusto funebre e macabro che esorcizza le tue paure.

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