Uno degli aspetti positivi di una piccola comunità, come può essere la Valle d'Aosta, sta nel fatto di conoscersi tutti. Capita così che ad una cena, nelle chiacchiere conviviali, si incrocino parentele e amicizie, scoprendo con facilità che è ancora più vivente nei numeri limitati quel discorso a livello planetario, noto come la "teoria dei sei gradi di separazione", ben nota in semiotica e in sociologia.
E' la famosa ipotesi, risalente agli anni Venti del secolo scorso, ma validata persino con metodi informatici, secondo la quale ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque intermediari.
Ovviamente questa rete di conoscenze così fitta crea anche dei personaggi assolutamente straordinari, in quella sorta di Commedia che finisce per essere la vita quotidiana, degna di un Molière o di un Goldoni, cioè di chi riesce a stilizzare le caratteristiche degli uni e degli altri.
Esemplare di questo bestiario, cui nessuno - me compreso - finisce per essere estraneo nelle miniature caratteriali che possono incasellare tutti, c'è una figura a me particolarmente odiosa, avendo fatto politica per tanto tempo. Ed è una personalità che si avvicina come il ferro ad un magnete a chi, in un certo momento, detiene qualche forma di potere, per poi allontanarsene, quando non risulta più utile al proprio tornaconto.