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17 feb 2009

«Studia, figlio mio!»

di Luciano Caveri

L'appello del titolo credo risulti familiare. Chissà quante volte, nell'Italia del dopoguerra, questa sollecitazione suonava come un viatico. Ci pensavo mentre mio figlio, giunto in Terza media, deve scegliere la scuola superiore nella profonda indeterminatezza dei futuri cambiamenti della Riforma Gelmini. L'orientamento mi è parso un meccanismo fragile che propone infine un foglietto striminzito con un consiglio: meglio forse consultare un oroscopo. Certo è che il clima nel mondo del lavoro non è buono: sulle inserzioni dei giornali tanti chiedono lavoro, poche imprese lo offrono. Il paradosso è che chi più ha studiato, smentendo gli ammonimenti affettuosi dei genitori, oggi rischia grosso che sia il patto di stabilità che comprime l'impiego pubblico o i privati che falcidiano quadri e dirigenti. Non bastano gli sgravi su auto e elettrodomestici per fare una politica in favore dell'occupazione in tempo di crisi e non bisogna solo guardare agli ammortizzatori sociali, pur indispensabili, per le fasce a reddito più basso.