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03 ago 2010

Scoramento

di Luciano Caveri

Ho attraversato nella mia vita politica molti mari, alcuni erano lisci come l'olio, altri erano procellosi. Poiché nessuno ti obbliga a far politica, bisogna sempre fare i conti con la realtà e con le sue stagioni. Oggi non so che stagione sia e neppure come sia questo mare, adoperando la metafora iniziale. Certo con il passare del tempo, invecchiando insomma, si tende a diventare più pacati e meno sanguigni. Forse inizia anche a manifestarsi - e la situazione politica italiana ne è un esempio mirabile - una certa inquietudine rispetto alle gabbie tradizionali in cui vengono chiuse le diverse singole posizioni.

Vediamo di spiegarci. Un tempo tutto era contenibile, più o meno, in destra e sinistra. Ognuno scavava nelle idee e nelle sensibilità e cercava di capire dove fosse situabile il proprio modo di pensare. Anche questo avveniva in una logica in movimento: più impari e più ti stanno strette le classificazioni, che specie in passato tendevano ad essere manichee, distinguendo un di qua e un di là. Oggi l'Italia è - vogliamo usarla questa espressione? - un gran casino. La cosiddetta Prima Repubblica era un bordello, ma qualche punto di riferimento c'era. Oggi tutto è saltato e ringrazio di avere una connotazione politica particolare, come esponente valdostano, ma alla fine anche qui incomincio ad operare distinzioni non del tutto ortodosse sullo scacchiere della politica. Credo infatti che oggi la classificazione finale, con tutti i distinguo del caso, sia fra onesti e disonesti. Fra chi considera la politica un servizio e chi pensa che la politica sia al proprio servizio. Fra chi esamina i dossier alla ricerca dell'interesse pubblico e chi per il proprio interesse. Sarà pure una divisione del mondo piuttosto rozza, ma oggi non ne trovo di migliori e forse la crisi profonda della politica inizia esattamente da questo e dall'impossibilità per l'opinione pubblica di fare distinzioni in questa sorta di brodazza che è diventata la politica. Chissà se, come scrivono alcuni editorialisti, siamo davvero al confine di una di quelle discontinuità che di tanto in tanto capita anche in Italia con una crisi istituzionale che consente una sorta di punto a capo. Io quest'aria, che pure sarebbe purificatrice, ancora non l'avverto, ma bisogna essere dei buoni cani da trifola per avvertirne l'odore e forse - malgrado la mia canappia - questo fiuto non ce l'ho. Però, in fondo in fondo, forse nelle viscere, qualcosa sento anch'io. E' l'impressione di una sorta di collettivo scoramento (volgarmente si direbbe "scazzo"), che probabilmente da qualche parte porterà.