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11 ott 2011

Il futuro difficile da prevedere

di Luciano Caveri

Difficile dire che cosa capiterà nella politica italiana dopo Silvio Berlusconi. Non avendolo mai considerato una "bestia nera", ma di certo un'anomalia in politica, penso che il "dopo" vada considerato in tutta serenità. Sapendo che il "berlusconismo" non può essere etichettato come una semplice parentesi nella storia della politica italiana. Con tutte le dovute eccezioni  ma usandolo solo come esempio storico, esattamente come avvenne con il fascismo, il "berlusconismo" non è stato un accidente, ma un insieme di idee e comportamenti che hanno corrisposto ai desideri della maggioranza del popolo italiano.

Berlusconi è stato un uomo carismatico, che ha fondato un partito a sua immagine e somiglianza, con un uso spregiudicato e interessante della televisione come media che incide in profondità sull'opinione pubblica. Ciò è avvenuto approfittando dello spaesamento dell'elettorato del dopo "Tangentopoli", in un clima di antipolitica che il Cavaliere ha cavalcato con spregiudicatezza a vantaggio anzitutto del proprio impero editoriale ed economico. I risultati sono stati disastrosi e questo esito è sotto gli occhi di tutti. I difensori di Berlusconi si sono rarefatti ed i "pretoriani" rimasti sono quelli che nel "dopo" ci rimetteranno molto e dunque sono avvinghiati in un abbraccio mortale con il Cavaliere. I più accorti si guardano attorno e cercano un riposizionamento per sopravvivere, come fecero appunto alcune vittime del crollo della vecchia partitocrazia, saltati con sveltezza sul carro trionfante di Berlusconi. Questo fenomeno di disgregazione e i vuoti che si creeranno aprono scenari difficili da prevedere in Italia ma anche in Valle d'Aosta. Anche da noi i "pidiellini", con l'approssimarsi di una sorta di diaspora dal partito personalista, stanno assumendo posizioni differenziate. C'è chi potrebbe usare l'alleanza con l'Union Valdôtaine - oggi il collante per il partito - per scegliere riavvicinamenti ancora più accentuati o con una nuova formazione nell'area autonomista, come fecero i democristiani con la Stella Alpina e parte dei residui dei socialisti locali nella Fédération Autonomiste o addirittura con il passaggio "armi e bagagli" di alcuni in Avenue des Maquisards. Altri, invece, potrebbero portare in Valle le formazioni politiche che deriveranno dall'esplosione del PdL in diversi pezzi. Un panorama che sarà bene seguire nelle sue evoluzioni e che potrebbe creare situazioni nuove nella già tormentata politica valdostana. Spesso si è detto che la Valle è un "laboratorio politico" : io stesso l'ho sostenuto. Ma bisogna sempre operare gli opportuni distinguo rispetto alle peculiarità di uno scacchiere politico che resta particolare e non omologabile alla situazione nazionale. E ciò investe anche l'UV e la sua evoluzione: oggi il partito è ridiventato personalista, legato cioè a scelte e decisioni che sfuggono a un dibattito pluralistico di "anime diverse" ma si riferisce - in un intreccio fra politica e amministrazione - in una sola, imponente personalità, Augusto Rollandin. Ma un Ercole che regge da solo sulle sue spalle tutta la Valle è antistorico e fallibile.