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10 apr 2012

Il tramonto del Senatùr

di Luciano Caveri

Si chiude la parabola politica di Umberto Bossi, iniziata nel suo impegno politico vero e proprio con le elezioni europee del 1979 nella lista, denominata negli anni successivi, "Federalismo" e voluta dall'Union Valdôtaine. A scoprire Bossi e la "sua" Lega Lombarda fu l'esponente unionista Bruno Salvadori, incaricato dal suo Movimento di dar vita - fra minoranze e federalisti di tutta Italia - ad una lista nazionale in corsa, ma allora andò male, per l'ultimo resto. La scelta dell'Union era dovuta all'assenza di un seggio garantito per i valdostani al Parlamento europeo, analogo ai due previsti dallo Statuto per il Parlamento italiano. Ho conosciuto bene Bossi negli anni successivi alla mia elezione del 1987, quando entrò in Senato e gli venne appiccicata la definizione corrente di Senatur. Con me rideva e scherzava, ricordando sempre quelle "radici valdostane" del suo impegno politico. Era sempre un po' guascone, direi bonariamente bauscia, piuttosto chiassoso e fierissimo di essere considerato - sarà poi stato vero? - un volpone della politica. Non vorrei che queste poche parole suonassero come uno sgradevole necrologio anzitempo. Ma è vero che la grave malattia, dopo un ictus, lo aveva reso fragile, e il Bossi odierno era da tempo pallida immagine del "vecchio" Bossi e oggi vediamo bene che c'è chi - il "cerchio magico", come si è detto facendo forse il verso al ridicolo lessico celtico del leghismo - se n'è approfittato. Quando la merda finisce nel ventilatore - ammonimento che vale per tutti i partiti - finisce dappertutto e Bossi, con le dimissioni, prova a sacrificarsi per evitare che la Lega perisca con lui e i suoi evidenti errori, specie con un entourage familiare grottesco e risibile. Magari tra breve scopriremo anche i perché del legame con Silvio Berlusconi, rimasto intatto in passaggi incomprensibili per i leghisti e per chi sperava che la Lega fosse sincera interprete del federalismo. Ma il federalismo non è mai stato davvero perseguito, malgrado le illusioni innescate nel popolo leghista sino al disegno indipendentista disseppellito periodicamente per scaldare i cuori dei militanti. Ora il vecchio comandante lascia il campo, direi a tempo ormai scaduto, e molti suoi amici se lo sbraneranno come avviene nelle terribili leggi non scritte della politica. Mors sua, vita mea.