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05 ago 2014

Quei predatori che tornano sulle Alpi

di Luciano Caveri

Amo gli animali, che siano domestici o selvatici. E' una passione dovuta non solo al papà veterinario, ma anche ai tanti cani e gatti che ho avuto ed a quei libri illustrati dell'infanzia che raccontavano degli animali in maniera non fuggevole, perché potevi tornare mille volte sulle stesse pagine, quando la televisione era a dosi ridottissime e Internet non c'era. Cresciuto in un mondo meno globalizzato, il mondo animale era - con un fil rouge di specie in specie - una possibilità di capire e di conoscere, che attraversava i diversi Continenti. Ancora oggi mi stupisce l'incredibile ricchezza del mondo animale e faccio mio lo stupore di Konrad Lorenz: «Esistono alcune cose nella natura nelle quali la bellezza e l'utilità, come la perfezione artistica e tecnica, si combinano in modo quasi incomprensibile: la tela del ragno, l'ala della libellula, il corpo stupendamente affusolato del delfino, e i movimenti del gatto». Invidio moltissimo Stefano Unterthiner, il grande fotografo naturalista e scrittore valdostano, che ha dedicato la sua vita - con un successo internazionale, sino al prestigio di "National Geographic" - a fotografare, con eccezionale sensibilità e competenza, animali in tutto il Pianeta. La sua gentilezza naturale, quel senso di serenità che trasmette, è forse il segreto con il quale - nascosto e camuffato - riesce ad avvicinarsi ai suoi soggetti e a fotografarli come se lui non ci fosse. Mi ha sempre incuriosito, in questo contesto, il rapporto uomo-animale e la lettura di libri di etologia mi ha confermato ogni volta come non ci si debba far fregare dalla tendenza antropomorfica di dare agli animali vizi e virtù umane. Come avviene, appunto, nella straordinaria favolistica sin dalla notte dei tempi. Seguo da tempo il ritorno sulle Alpi di quegli animali pressoché scomparsi per mano dell'uomo, anche nella nostra Valle d'Aosta. Parlo dei predatori e cioè - da dizionario - "animale rapace, appartenente ai Mammiferi o agli Uccelli, che vive predando altri animali". Il caso valdostano è significativo: moltissimi anni fa ci fu un tentativo non riuscito di lancio di una coppia di linci, poi è tornato spontaneamente il lupo, così come la Valle ha goduto della reintroduzione in Francia del Gipeto (avvoltoio degli agnelli), per ora l'orso non c'è, ma le sue deiezioni sono state trovate sulle pendici piemontesi del Monte Rosa e quindi arriverà. Questi predatori sono amati, perché a pelle sono il segno di una ri-naturalizzazione che fa piacere. Poi viviamo di idee: per cui il "lupo cattivo" ha lasciato spazio ad una canide che pare ormai "buono" e l'orso porta l'impronta di "Yoghi" e "Bubu" dei cartoni animati. Ed invece - il caso svizzero è significativo, perché tutto si può dire della Confederazione ma non che non siano sensibili alla Natura - la presenza dei predatori preoccupa e non a caso gli elvetici hanno già sparato al lupo e all'orso, quando la loro presenza diventa troppo invasiva sulle attività umane. E il dibattito avviene ormai dappertutto e in Francia persino il Parlamento ha approvato con legge la soppressione dei lupi, quando si dimostrano troppo aggressivi con le greggi, come avviene ormai regolarmente nel Sud della Francia. Giorni fa, per la prima volta, ho sentito di una protesta analoga sui Gipeti. Ipocrisia, penserà qualcuno: se rimettiamo sulle Alpi animali con una dose di ferocia, nella logica tuttavia della catena alimentare, non possiamo poi lamentarci che questi facciano il lavoro di killeraggio. Nel caso del lupo, se finisce in mezzo alle pecore, lui non fa un prelievo intelligente, ma - oltre a cibarsi di un capo - ne ammazza molti altri, in una forma di selvaggio divertissement, che si accentua se il singolo diventa un branco. Idem l'orso, che noi immaginiamo come allegro vegetariano e invece ama cibarsi di carne e può essere, vista la mole, persino minaccioso per l'uomo e così in Trentino, finita la sbornia di allegria per il suo ritorno, la Giunta provinciale ha fissato dei paletti che, se oltrepassati, suonano come una campana a morto per il plantigrado, quando si mostri aggressivo. Ci sono soluzioni al braccio di ferro fra sostenitori e detrattori? Non è facile, anche perché attorno all'Ambiente ci sono affari mica da ridere, come dimostrato dalla capacità dei Parchi di fare rete, dando talvolta l'impressione che i montanari siano degli zoticoni che non capiscono la Natura e la forza delle "Aree protette". Così fioccano fondi comunitari, come quel "WolfAlps" sul programma "Life" dell'Unione europea, per "salvare i lupi" che fanno infuriare gli allevatori ed i montanari di diverse zone alpine, come il mio amico occitano, Mariano Allocco, che spiega con pazienza e da tempo come magari bisognerebbe occuparsi anche degli uomini che vivono le "Terre Alpe" e non solo dei pur rispettabili animali. Storia appassionante, da seguire con attenzione.