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16 ago 2014

I criminali non sono eroi

di Luciano Caveri

Sarà pur vero che la televisione perde colpi di fronte alla rivoluzione digitale e al palinsesto che ognuno può crearsi e personalizzare con Internet. Ma lo strumento si sta adeguando con inaspettata flessibilità alle nuove sfide tecnologiche e, come ha periodicamente fatto la radio ogni volta che le si cantava il suo "De profundis" e risorgeva dalle proprie ceneri, penso che non si debba pensare ad un superamento della televisione, ma accettare con serenità le trasformazioni in atto e quelle che verranno. Chi non si adeguerà sarà fuori e anche per questo, nel mio lavoro, predico modernizzazione della televisione regionale della "Rai" per evitare di ritrovarsi dei naufraghi sopravvissuti in braghe di tela, perché nessuno si ferma o torna indietro a recuperarti, se non usi i nuovi strumenti di comunicazione. Ma, sia chiaro, come la televisione resti un mezzo potente e da maneggiare con molta cura e attenzione. Mettete un bambino davanti a una televisione e resta, indelebile, la capacità ipnotica della "televisiùn" (come la chiamava, per sfotterla, il grande Enzo Jannacci). In questo periodo, ho guardato su "Sky" la seconda serie di "Romanzo criminale" e ho visto di recente "Gomorra". La prima è una storia tutta romana, ambientata dalla fine degli anni Settanta, che riguarda la nota "Banda della Magliana" e la serie è tratta dal romanzo del magistrato Giancarlo De Cataldo, in un incrocio fra criminalità rampante, politica corrotta ed affarismo. La seconda, ispirata al celebre libro, di grande successo internazionale, di Roberto Saviano, si occupa della Camorra, della sua ferocia e del radicamento in Campania ma anche in Europa. Ricordo, per analogia, la lunga serie della fiction sulla Mafia, "La Piovra", che dal 1984 al 2003 ha avuto un grande successo sul piccolo schermo. Come i prodotti successivi, oltreché un successo in Italia in termini di ascolto, questi sceneggiati hanno avuto enorme eco nei palinsesti delle televisioni di tutto il mondo. Ricordo anche - lo fece tra gli altri Silvio Berlusconi - le polemiche sul rischio di esportazione di un'immagine eccessiva e fuorviante dell'Italia. Ma è la triste fotografia della realtà, che sarebbe stato illogico e autoassolutorio censurare o edulcorare. Guardando questi ultimi prodotti, ho l'impressione che ne "La Piovra" le caratterizzazioni e i ruoli ben chiari esplicitassero, senza troppi ammiccamenti, i buoni e i cattivi. Sarà un modo rozzo di rappresentare la realtà, che è più sfumata, ma in fondo si evita di fare dei mafiosi degli eroi o persino delle vittime con cui simpatizzare. Chi segua "Fox Crime" e le diverse proposte americane sul tema può confermare come non esistano mai ammiccamenti o eccessi di comprensione per chi delinque in filoni di evidente gravità. Invece, nelle due operazioni - "Banda della Magliana" e Camorra - tutto appare più sfumato e si manipola il pubblico che assiste, se viene posto di fronte ai personaggi senza un minimo di conoscenza dei fatti. Si rischia, per capirci, che la presentazione dei personaggi e la loro "umanizzazione" finisca alla fine per creare un flusso di simpatia, che metta in ombra la realtà di assassini e delinquenti, che non hanno diritto a rappresentazioni che suonino come parzialmente assolutorie o "comprensive". Giocare con il fascino perverso della criminalità non serve a nessuno, specie in un mondo in cui già in troppi casi vi è una sublimazione della violenza. Penso ai bambini degli estremisti islamici fotografati con in mano la testa mozzata del "nemico" di papà.