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28 set 2014

L'ottimismo

di Luciano Caveri

Nei prossimi mesi farò una trasmissione radio dedicata ai sentimenti e agli stati d’animo. L'azzardo è stato quello di cominciare con le sabbie mobili dell'ottimismo. "Vaste programme", mi dovrei dire da solo con la necessaria autoironia, parafrasando quel sarcasmo del generale Charles De Gaulle che osservava lucidamente sul tema: «L'optimisme va bien à qui en a les moyens». Non so perché sia avvenuto: sarà che, come sa bene chi mi segue, sono un inguaribile ottimista e la considero questa attitudine come una medaglia sul petto. Capisco il rischio di proclamarlo: un professore universitario, che tiene conferenze motivazionali in tutta la Francia sul tema dell'ottimismo (segnalando come su "Google" in una ricerca sulle parole "ottimismo" e "pessimismo" prevale la prima parola), Philippe Gabillet, ricorda una frase di Georges Bernanos, che dice così: «L'optimiste est un imbécile heureux. Le pessimiste un imbécile malheureux». Cui fa eco un "interprete" di tante generazioni, Lorenzo "Jovanotti" Cherubini, quando - accanto al celebra brano "Io penso positivo" - ha spiegato che forse il termine giusto per chi "si butta" ogni giorno con un sorriso è "vitalità". Concordo. La vitalità è quella benzina che ci fa andare avanti e quando finisce siamo davvero pronti per andare al Creatore. Ricordo, con vena di mestizia, quando il mio povero papà a 86 anni ammetteva, sottovoce, che «non ce la faceva più». Lui che trasmetteva energia e pure ottimismo, pur venato da una sorta di "spleen" che teneva nascosto dietro una simpatia manifesta. Ogni tanto sembrava gridare questa sua vitalità, appunto, come il poeta romagnolo Tonino Guerra nello slogan della celebre pubblicità: «l'ottimismo è il profumo della vita!». In questi anni gravidi di problemi, con umori al ribasso e angosce di vario genere, compreso lo spettro di guerre che agitano tutti noi, l'ottimista è messo a dura prova. Una sorta di cimento quotidiano, ma in fondo ho sempre pensato che guardare i lati buoni delle cose e confidare in esiti positivi sia una posizione privilegiata per guardare il mondo e per non sprofondare nella voragine che in ogni momento rischia di aprirsi sotto i nostri piedi. Nella trasmissione radio c'erano poi – intervistati da Elena Meynet - due visioni dell'ottimismo, quella, con una vago mugugno ligure, di Fabio Fazio, presentatore televisivo ad ampio spettro e quella letteraria e colta del matematico e scrittore Piergiorgio Odifreddi. Il primo - e trovo che abbia ragione - ha ricordato come la televisione, anche nel suo versante ottimista, resti ancora un medium "usa e getta", il secondo - partendo dalla posizione filosofica di Lucrezio - ha finito poi in modo conseguente per arrivare al "Candide" di Voltaire e alla sua polemica contro "il migliore dei mondi possibili" di Gottfried Wilhelm von Leibniz. Questo per dire che il quotidiano confronto fra chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi mezzo vuoto ha lombi nobili. Io mi diverto, come ottimista, ad osservare chi ha una visione del mondo piuttosto agra, come il grande politologo Norberto Bobbio, che così fulminava: «non dico che tutti gli ottimisti siano fatui. Ma certamente tutti i fatui sono ottimisti». Allora mi viene in soccorso Winston Churchill, che mi è rimasto con i nervi saldi anche quando i nazisti minacciavano l'invasione il Regno Unito con Londra bombardata dai razzi tedeschi, che diceva: «L'ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità». Capisco che di questi tempi la figura del "balengo da bar" - ottimista ma "cacciaballe" - descritta con arguzia da un altro ospite, quel Bobo Pernettaz, che ha raccontato con commozione di come una parte del suo ottimismo sia stata la reazione, dopo non aver parlato per un anno per il dolore, alla perdita anzitempo del suo papà, quando aveva solo dodici anni. Ma interessante è stata anche la spiegazione di Carlo Chatrian, valdostano che dirige il "Festival del Cinema" di Locarno, di quel personaggio di Charlie Chaplin, noto come "Charlot", sognatore con bombetta e bastone, romantico e certamente ottimista nei primi anni del cinema, quando ancora era muto. La prossima volta, tema da far tremare i polsi, la libertà.