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25 nov 2014

Expo2015 fra attese e disillusioni

di Luciano Caveri

Non ho nessun gusto di passare per menagramo e mi auguro, perciò, che l'"Expo2015" a Milano si dimostri quello che viene descritto dagli entusiasti organizzatori: un affare colossale, che darà lustro all'Italia e farà girare il volano dell'economia. Così si esprime il sito dell'Expo: "Expo Milano 2015 è un'esposizione universale con caratteristiche assolutamente inedite e innovative. Non solo una rassegna espositiva, ma anche un processo partecipativo che intende coinvolgere attivamente numerosi soggetti attorno a un tema decisivo: "Nutrire il Pianeta, energia per la vita". Un evento unico che incarna un nuovo concept di "Expo": tematico, sostenibile, tecnologico e incentrato sul visitatore. Dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, 184 giorni di evento, oltre 130 partecipanti, un sito espositivo sviluppato su una superficie di un milione di metri quadri per ospitare gli oltre venti milioni di visitatori previsti". Avevo già scritto in passato di come considerassi il baraccone che si occupa degli "Expo" un ente inutile. Mi riferisco al "Bureau international des expositions", che ha sede a Parigi e che è nato, sulla base di accordi internazionali, nel 1928, diventando funzionante nel 1931. Osservai che sono date mica tanto fortunate fra la crisi di "Wall Street" ed il misto di vicende che porteranno agli orrori della Seconda guerra mondiale. Oggi a competere per avere questa manifestazione sono quasi esclusivamente Paesi emergenti, perché i Paesi occidentali rifuggono da macchine costose di questo genere, e ci sarà un suo perché in questa scelta. Ricordo a questo proposito che la candidatura di Milano nasce alla metà degli anni Duemila e si concretizza nel marzo del 2008, prima in sostanza che la portata delle vicende economico - finanziarie planetarie ci portasse alla grave e persistente situazione attuale. Chissà se, sapendolo, si sarebbe stoppata la macchina. Ha scritto Roberto Perotti, economista di grande esperienza, in un pamphlet assai critico sull'operazione: «Né la corruzione né i ritardi sono il problema principale di "Expo 2015". Il problema principale è che l'Expo non sarebbe dovuto accadere. Esso è nato e cresciuto sull'onda di un'orgia di retorica (…) Sia chiaro: la decisione di fare l'Expo è stata prima di tutto politica ed emotiva, e sarebbe stata presa in ogni caso. Tuttavia questa ubriacatura collettiva è stata supportata e legittimata da stime economiche azzardate, che ne hanno avallato i voli pindarici. Accettate acriticamente dai mezzi di informazione, ripetute e tramandate poi in innumerevoli occasioni, sbandierate da politici e commentatori, queste stime hanno instillato il miraggio di centinaia di migliaia di posti di lavoro e di altri enormi benefici economici a costo zero». Non entro nel dettaglio di come Perotti, dati alla mano, smonti "i voli pindarici". Mi limito ad un passaggio illuminante per chi ha lanciato, persino con il placet di Matteo Renzi, la candidatura olimpica per "Roma 2024", ricordando "Torino 2006": «Prendiamo per esempio la previsione di un incremento del turismo culturale e congressuale. Essa si basa esplicitamente su analoghe previsioni per Torino dopo le Olimpiadi. Senonché per Torino disponiamo ormai dei dati effettivi, e sfortunatamente non corroborano queste previsioni. (…) Nel 2007 e 2008, i due anni successivi alle Olimpiadi, gli arrivi e le presenze straniere furono più bassi che nel 2004 e 2005! Lo stesso andamento si è osservato nel Piemonte nel suo complesso». Passo ad una riflessione conclusiva: «Per un politico e un amministratore è molto più appariscente ed appagante fare l'Expo che costruire delle piscine, togliere le buche dalle strade, o eliminare i graffiti dai muri. Ogni amministratore, ogni politico sogna di essere un grande statista. Ma non è di questo che hanno bisogno i cittadini. Soprattutto non se questi sogni di grandezza costano 14 miliardi di euro». Ma ora a Milano c'è e dunque bisogna farsene una ragione. Anche se finora le cose non sono andate molto bene e mi riferisco alla curiosa situazione di fenomeni corruttivi addirittura in corso d'opera e l'Italia - Nord compreso ormai - resta il Paese dove c'è una fiorente criminalità organizzata, che ama i "grandi eventi". Per altro aleggiano altri spettri. Quello dei vaghi tempi di realizzazione di tutte le opere necessarie e il loro dubbio utilizzo successivo, oltreché questioni spinose come i trasporti, la sicurezza in tempi di terrorismo islamista e di un conflitto sociale mica da ridere e si sono aggiunti di recente pure i rischi alluvionali. Ma ormai basterà attendere per giudicare.