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25 nov 2014

Le periferie e l'immigrazione

di Luciano Caveri

Quando leggo delle proteste di certe periferie romane, contro i centri di accoglienza degli immigrati e contro i "campi rom", mi viene in mente di quando, nei soggiorni romani, capitava di passare in quelle zone, spesso per evitare ingorghi epocali lungo le tangenziali, e vedevi un mondo di degrado e di abbandono. Per questo quando sento parlare di Olimpiadi (ed è ora in piedi l'ennesima candidatura per il 2024) mi prende il mal di stomaco, pensando all'esito sulla città dei lavori per i Mondiali di calcio e di nuoto, per il "Giubileo" e per altri avvenimenti "eccezionali", che servono a trovare soldi e a sveltire le procedure. Poi seguono inchieste della Magistratura... Quando vedi questi "borgatari" in televisione ti viene in mente, anzitutto, come questa parola sia già una croce e non a caso vorrebbe dire all'origine "chi abita in una borgata romana", ma ormai è diventato estensivo di "chi vive in condizioni di emarginazione nelle zone periferiche di una città". Ha scritto Francesca Santucci sul più grande indagatore di quel mondo, Pier Paolo Pasolini: "affascinato dal vitalismo dei sottoproletari romani, dalla carica umana che, pur immersi nell'abbrutimento, i suburbi conservavano, da quella Roma marginale che aveva scoperto nella lunga frequentazione del popolo di periferia, Pasolini non mancò di denunciarne lo squallore, lasciandoci, in "Ragazzi di vita", romanzo del '55, e in "Una vita violenta", del '59, un fedele ritratto dell'epoca. In chiave naturalistica, che spesso induce a pensare al realismo ottocentesco ed a Verga, attraverso la vita di un gruppo di ragazzi dei suburbi, il loro vagabondaggio, gli atti di teppismo, la noia e le avventure minime, indagò sulla diversità sociale dei quartieri poveri di Roma, visti come luogo primordiale, quasi stato di natura, in qualche modo puro ed incontaminato come il mondo friulano contadino nel quale affondava le sue radici. (…) L'amore di Pasolini per il mondo descritto non lo allontanò mai dalla lucida visione della tragedia insita nel destino dei borgatari che, pur aderendo ai nuovi valori della società, esplosi col boom economico degli anni '60, soggiogati dal fascino del denaro e dei beni di consumo, ne restavano esclusi e subalterni". Pasolini poi morì, in circostanze mai pienamente chiarite, proprio per mano di uno di quei "coatti" da lui descritti, nello squallore dell'Idroscalo di Ostia. In queste periferie dolenti - e ciò vale per altre città come Milano o Torino - la situazione esplosiva è fatta anche di convivenza da lungo tempo con i "campi rom", come dimostrato ancora di recente proprio nella "banlieu" torinese, dove ormai si vive il paradosso dello scontro nello scontro fra "zingari" italiani a tutti gli effetti e chi arriva da altri Paesi, specie dalla Romania, membro dell'Unione europea, che spinge - con dome di xenofobia - all'emigrazione i propri concittadini "rom". In certi casi, come a Roma, a questa convivenza problematica si aggiunge il numero crescente di immigrati che, in seguito a disperazioni personali o collettive, lasciano i loro Paesi e si riversano sulle coste italiane, vittime di quelle Mafie dei barconi, chiedendo - se riescono - asilo all'Italia e poi in genere preferiscono emigrare altrove. Sanno bene che l'Italia è in crisi economica e spesso hanno familiari in altri Paesi europei o in Canada. L'attuale flusso annuale di disperati alla ricerca di miglior fortuna è impressionante e non accenna a fermarsi. Per avere un assaggio delle problematiche basta leggere quanto presente in un sito come stranieriinitalia.it e si capisce che è un mondo enorme e ricco di temi difficili da affrontare. Quel che è certo è che bisognerebbe evitare di buttare benzina sul fuoco delle periferie. Aggiungerei una noticina per analogia: una certa logica regolatrice dei flussi andrebbe applicata anche nei Comuni della Valle d'Aosta, perché se si segue la logica dell'integrazione, pur nel rispetto ragionevole della diversità culturale, si sa che - superate certe percentuali di immigrati sulla popolazione totale - si rischiano incomprensioni. E' meglio prevenire, anche se capisco bene che più che norme cogenti di impossibile imposizione ci vorrebbe la "moral suasion" o più semplicemente il buonsenso.