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31 gen 2015

Ministri incompetenti

di Luciano Caveri

Quando si conobbe il nome del ministro degli Affari regionali del Governo Renzi si capì che per il regionalismo sarebbero stati tempi duri. Leggiamo la biografia del ministro in carica sul sito del Governo: "Maria Carmela Lanzetta è nata a Mammola, in provincia di Reggio Calabria, il 1° marzo 1955. Dopo essersi diplomata al Liceo Classico "Ivo Oliveti" di Locri, nel 1978 ha conseguito la Laurea in farmacia all'Università di Bologna. E' stata sindaco di Monasterace (RC) per due mandati consecutivi, nel 2006 e nel 2011, alla guida di una lista civica di centrosinistra". Monasterace è un Comune di 3.500 abitanti ed il salto a Ministro lascia sgomenti ancora oggi e conferma la scelta di una persona che per studi e per esperienza nulla sapeva di regionalismo. L'unico fatto politico noto all'epoca fu che per raggiungere Roma lasciò il suo capocorrente Pippo Civati a vantaggio di Matteo Renzi ed ecco materializzarsi la prestigiosa poltrona.

Mesi fa, al giornalista del "Corriere della Sera", Fabrizio Roncone, che le chiedeva conto di cosa facesse, visto che pareva essere un Ministro invisibile, così si espresse: «Oh, beh... non credo vi siate persi granché. Sa, il lavoro del mio Ministero è soprattutto un lavoro di raccordo... e un certo tipo di attività è piuttosto buia, nascosta. Se risultati ci sono, si vedono dopo molto tempo». Intanto, sotto il suo naso, è passata una riforma costituzionale incidente grandemente sulle Regioni, seguita in Parlamento da Elena Boschi, l'avvenente ministro delle Riforme, che l'ha oscurata in tutto e per tutto. Ma, smarrendo la bussola di questa stessa riforma, Lanzetta ha creato - in contraddizione persino con la riforma in corso che conferma l'attuale geografia regionale - una fantomatica "Commissione Regioni", composta da una dozzina di professori universitari, che dovrebbe sciogliere il nodo delle famose e nefaste macroregioni. Ha detto la Lanzetta in politichese di vecchio stampo, all'apertura dei lavori di questa Commissione presso la sede del Dipartimento: «Da questa Commissione mi aspetto uno studio approfondito, una riflessione libera, a tutto campo, senza perimetri prefissati, che possa costituire una base di lavoro e consenta al Governo e al Parlamento di assumere le decisioni che riterrà necessarie. Da parte mia sento certamente l'esigenza di un'azione di maggior coordinamento tra le Regioni in materie diverse, dalla sanità all'ambiente, ai trasporti, alla programmazione dei fondi comunitari». Fossi presidente di Regione chiederei conto di che significato abbia questa strana Commissione extraparlamentare! Ma, ciliegina sulla torta, è stata l'intervista recente, per il quotidiano "Il Trentino", di Chiara Bert e Francesca Gonzato. Cito solo una risposta, quella al quesito su specialità e centralismo, cui così risponde Lanzetta: «Innanzitutto vorrei ricordare che è stata approvata dal Senato e confermata dalla prima Commissione della Camera la clausola di salvaguardia che prevede che l'adeguamento dello Statuto delle autonomie speciali debba essere approvato previa intesa con le Regioni speciali. Questo a mio modo di vedere mette in sicurezza i contenuti delle specialità. Per quanto riguarda le competenze legislative forse è arrivato il tempo di affrontarle in maniera nuova e originale affidando alle norme di attuazione il compito di definire con chiarezza i confini delle competenze regionali. Questo è il vero tema di confronto fra le Regioni autonome e il Governo. Quanto al presunto ritorno al centralismo vorrei sgombrare il campo da incomprensioni: la riforma cerca di porre rimedio alla mancata attuazione del Titolo V e contiene elementi di maggiore flessibilità nei rapporti tra Stato e Regioni che consentiranno di rilanciare il federalismo su nuove basi». Federalismo? Ma ha letto il testo il Ministro, che conferma l'autonomia speciale, ma in un quadro di uno statalismo di ritorno? Ha coscienza che quel che dice delle norme di attuazione è un'ovvietà, ma non cambia la constatazione che anche l'attuale Governo ostacola con ritardi nell'approvazione definitiva norme di attuazione giacenti da anni? Confermo quanto penso: la scelta dei Ministri deve rispondere a criteri di competenza per le materie di cui si devono occupare. Altrimenti l'esito è la mediocrità ed un Premier che, nei troppi vuoti del Consiglio dei Ministri, diventa un "faso tuto mi" nel deserto delle sue scelte di incarichi ministeriali.