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25 feb 2015

Palestra e dintorni

di Luciano Caveri

Bisogna sempre fare attenzione a dire nella vita come affermazione imperativa: «quella cosa non la farò mai». Meglio essere cauti, perché un giorno potrebbe capitare il contrario ed è preferibile, dunque, precostituirsi un alibi se si viola una vecchia affermazione troppo lapidaria. Pur ritenendo sempre legittimo cambiare idea, valutate le circostanze, perché per natura non sono conservatore e penso mi cadrà la curiosità per fare cose nuove giusto quando sarò morto. Ci pensavo rispetto alla mia ormai continuativa frequentazione di una palestra, luogo cult della modernità, lentamente sdoganato dalla vecchia immagine del passato. Non so perché non ci fossi mai andato, pur considerandomi mediamente sportivo con diverse discipline da amatore.

Avevo, tra gli altri, due preconcetti. Il primo riguardava il palestrato medio, che mi ha fatto sempre impressione. Ne avevo un'immagine démodé fra il sudore un po' bovino ai pesi e con le macchine utilizzate come un assillo e con il rischio di "aiutini" (conosco delle persone gravemente danneggiate dagli anabolizzanti) per pompare i muscoli in un ambiente non proprio così salubre. Avevo poi l'immagine fantasiosa di luogo di "acchiappo" con cuori solitari - anche se... sposati - al maschile e al femminile, in un clima che ogni tanto sfociava nel boudoir, del genere "amore e ginnastica" quasi risibile. Aggiungerei che, come diceva Daniele Luttazzi: «Sono entrato in una palestra. Mi hanno dato da compilare un modulo per l’iscrizione. Mi è venuto il fiatone». Poi ho cominciato a fare pilates, con grande soddisfazione ma con meno sofferenza di quanto auspicassi, e da un anno sono finito, invece, in una palestra vera e propria con pesi e ginnastica. Devo dire che, di conseguenza, sono venuti meno certi pregiudizi ed oggi sono un convertito non fideistico ma soddisfatto perché direi che sono contento e sto meglio. Torna una certa elasticità e maggior resistenza, anche se costa fatica, che poi un male necessario per qualunque. D'altra parte diciamo la verità: a partire da una certa età tenersi in esercizio non è più un optional ma una buona pratica contro i troppi malanni e acciacchi che appaiono, purtroppo, con il passare degli anni e che sono una indicibile scocciatura. Anche se resta valida la battuta folgorante di Georges Feydeau: «Ma seule gymnastique, c'est d'aller aux enterrements de mes amis qui faisaient de la gymnastique pour rester en bonne santé». Mi sono convinto, però, di un fatto: bisogna essere seguiti in palestra da persone competenti. Io ho un trainer, Massimo Nobili, che mostra bravura e efficacia, ma colpisce per contro il fatto che, alla fine, in certe palestre possa capitare il contrario. Può capitare di ascoltare anche storie impressionanti in negativo su istruttori improvvisati con il rischio di fare del male. Toccherebbe pretendere di più in titoli e competenze, perché una persona non all'altezza e che millanti professionalità danneggia un'intera categoria e può persino fare dei danni alla salute. Eppure, tranne che per qualche previsione garantista in legislazione regionale, vige una certa deregulation che inquieta. Sarebbe bene aver maggior punti fermi per faticare sempre sereni.