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23 apr 2015

Livio Forma: una radiocronaca in cielo

di Luciano Caveri

Se esiste un Paradiso dei calciatori, state certi che lì ci sono anche i radiocronisti a commentare i tornei giocati fra le nuvole. Ci è finito, poco fa, Livio Forma, mio amico e collega. Lo avevo visto, affaticato ma sereno, durante un corso di formazione sull'Europa per i colleghi giornalisti, svoltosi poche settimane fa. Non avevo osato chiedergli, mentre bevevamo un caffè, le ragioni di quella voce flebile e dell'aspetto smagrito. Ma sapevo che già in passato era riuscito a passare le "forche caudine" di una brutta malattia, che - ho poi saputo - era tornata all'attacco. Ore fa, lui stesso aveva avvertito con un "tam tam", diffuso poi fra colleghi, che sentiva avvicinarsi la fine. Aveva voluto farsi portare a casa dalla sua famiglia. I casi della vita ci avevano fatto incrociare alla "Rai", ormai 35 anni fa. Lui era un dipendente regionale quasi quarantenne, che aveva trovato - con la nascita del "Tg" regionale - una strada verso il giornalismo professionistico. Io - con una quindicina di anni in meno - ero un giovane di belle speranze che si affacciava al mondo dell'informazione. Livio aveva fame di sport, la sua passione.

Era stato un buon giocatore di calcio, ma tutti sapevamo che nel suo impegnarsi nella cronaca sportiva - e lo faceva con puntiglio e caparbietà - c'era un sogno nel cassetto, che sembrava difficile, partendo da Aosta. Ed invece ebbe un colpo di fortuna: si aprì nel 1982 una finestra per entrare nella famiglia di "Tutto il calcio minuto per minuto", la trasmissione cult della Radio, che tutti noi ascoltavamo la domenica, prima che la televisione ne rubasse qualche pezzo. Ricordo, a questo proposito, quando il caporedattore, Mario Pogliotti, cronista ed artista di lungo corso che scelse di venire ad Aosta in quegli anni, entrò in redazione e ci disse: «Livio ha una chance, ma qualcuno deve venire domenica a lavorare!». E io - Livio me lo ha ricordato tante volte con quel suo sorriso compassato - risposi subito: «Ci penso io!». Da allora spiccò il volo per la sua serietà e competenza. Mi faceva impressione, anche negli anni successivi, sentirlo emergere fra i grandi radiocronisti, compreso il mio amico - auspice Pogliotti - Sandro Ciotti. Capitava di incrociarsi, quando ero deputato a Roma ed era sempre cameratismo con quel tratto di educazione e misura che Livio aveva. Sapeva essere sferzante nei giudizi e non aveva timore di dire come la pensasse, anche sulla politica e sulla Valle d'Aosta. Non c'erano fra di noi barriere, come capita a chi aveva condiviso momenti nascenti, come fu la redazione "Rai" di Aosta: una squadra. Era schietto anche sulla delusione che ebbe quando la "Rai", dopo che pur da pensionato aveva continuato - quasi gratis - a fare radiocronache, lo liquidò in modo brusco e burocratico e ne soffri ovviamente, perché dopo tanti anni di onorato servizio i ringraziamenti non sono solo educazione, ma sostanza. Aveva anche in ultimo collaborato con i "Programmi Rai" per un giro d'orizzonte con i campioni locali. Ma lui, nel pensare alla pensione, dopo decenni di andirivieni con la valigia in trasferta, si rabbuiava per poco: in fondo aveva fatto un carrierone e noi colleghi eravamo fieri di lui e lo sono stati tutti i valdostani che lo avevano visto passare dalla redazione "Rai" di Aosta ai prestigiosi microfoni con cui commentava le partite di calcio più importanti, così come altri sport e manifestazioni come le Olimpiadi. Ora, purtroppo, se n'è andato e lo ricordo con grande affetto. Sento la sua voce, nell'incalzare preciso e pulito della sua prosa, che commenta ormai altrove il suo amatissimo calcio.