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07 apr 2023

La violenza delle canaglie

di Luciano Caveri

Berlusconi gravemente malato - e come tale oggetto di doveroso rispetto - è invece nel mirino degli odiatori del Web e questo, oltre a far riflettere sulla stupidità umana, fa venire il mal di stomaco, leggendo certe porcherie che emergono contro il Cavaliere. La politica è la politica ed è certo fatta anche di odio e amore, ma nulla può giustificare violenze scritte che arrivano addirittura ad augurare la morte a chi si considera come un avversario. I veleni non sono mai sopportabili e ormai è davvero inconcepibile che certe prese di posizione vomitevoli non siano fermate dai gestori dei Social, dove si concentra il peggio con mancate sospensioni dei peggiori. L’odiatore è ormai un personaggio definito: chi usa la rete, e in particolare i social network, per esprimere odio o per incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa. Aggiunge la Crusca: “Dall’inglese hater, ‘odiatore’, a sua volta dal verbo to hate ‘odiare’, in uso in inglese sin dal sec. XIII. Già in Middle English esisteva il sostantivo hatere ‘chi odia’, mentre in Old English hetend significava ‘nemico’“. Trovo un articolo interessante di Elena Cabras, fondatore Psicotypo e. direttore di Psicoterapia: “Sono diversi i motivi che spingono una persona a diffondere online la propria frustrazione. Prima di tutto, abbiamo una sensazione di impotenza che la persona prova nella vita reale. Molto spesso si tratta di soggetti che nel loro contesto familiare e sociale hanno un diritto di parola e di replica limitato. Si sentono, per questo, di non avere potere decisionale nella vita reale, mentre online si credono rivestiti da questo senso di onnipotenza in cui sono liberi di esprimere tutto ciò che provano senza che si applichino restrizioni di alcun tipo”. C’è chi attacca e addirittura perseguita persone assai famose, come appunto Berlusconi, ma non solo: “Queste persone non fanno altro che attaccare soggetti “deboli”, che non devono essere necessariamente famosi, ma che semplicemente non rispondono, lasciando loro la libertà di dare sfogo ai disagi fino a quel momento repressi. Altri invece insultano per il puro divertimento di farlo; non hanno motivazioni intrinseche, lo considerano un passatempo; insultano e denigrano per ammazzare la monotonia e realizzare una “guerra tra poveri” in cui ognuno insorge per dire la sua”. L’esperta aggiunge: “Abbiamo, poi, gli egocentrici: usano mezzi e modalità spietati per farsi notare dagli altri, credono che andare controcorrente generi notorietà, nel bene o nel male. È sufficiente un semplice commento negativo per far sì che attraverso risposte, o like, si emerga tra tutti gli altri“. E ancora: “Gli hater seguono un principio fondamentale: più se ne parla, meglio è. È proprio per questo che le tematiche oggetto di odio variano; spesso sono i personaggi più famosi sul web, i politici, gli omosessuali, ed i soggetti considerati “prede” ad essere bullizzati e denigrati dagli haters. Distruggerli ed annientarli psicologicamente aumenta il loro ego e la voglia di insultarli cresce sempre di più, sentendosi appagati e soddisfatti una volta aver premuto il tasto “invio” del loro smartphone. Più è violento l’attacco, maggiore sarà la soddisfazione personale provata. Per gli haters, essere presi in considerazione ed essere sicuri di aver scatenato la rabbia altrui è il massimo della gratificazione, poiché hanno vinto; hanno raggiunto il loro obiettivo egregiamente: aver fatto arrabbiare un altro individuo ed aver scatenato la sua reazione. Ogni hater, poi, avrà il suo periodo di attacco: possiamo avere odiatori che insultano con cadenza quotidiana un soggetto che hanno preso di mira, mentre altri agiscono in maniera casuale, insultano chi vogliono quando lo vogliono, senza una continuità periodica particolare. L’importante è che la rabbia e la frustrazione siano sfogati sul web, e che il loro senso di odio verso il mondo sia appagato facendo del male ad altri”. Torno a odio e scorro i sinonimi, che poi in realtà non sono affatto sovrapponibili: esecrazione, avversione, fobia, inimicizia, risentimento, rancore, ripugnanza, astio, livore, ribrezzo, ostilità, ruggine, disprezzo, antipatia, animosità, malanimo, accanimento, intolleranza, contrarietà. Insomma: ci sono sfumature assai diverse, ma quel che colpisce in queste circostanze - lo ripeto - è la violenza, scelta estrema delle canaglie.