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11 apr 2023

Le auto della vita

di Luciano Caveri

Chissà cosa mi è passato per la testa, ma mi sono messo a lambiccare sulle macchine della mia vita. Capita che ogni tanto uno apra delle pagine della propria esistenza su cui non aveva mai fatto mente locale. Per altro mi sento di aggiungere che a poche generazioni è capitato di vivere cambiamenti tecnologici così impressionanti, com’è avvenuto nel dopoguerra ed ancora oggi. Per non restare indietro, bisogna evitare atteggiamenti conservatori e mettersi di buzzo buono rispetto a qualunque novità. Da quando esiste la motorizzazione come fenomeno sociale è indubbio come l’auto sia una nostra compagna di vita, che scegliamo con grande attenzione e con cui condividiamo così tanto tempo da sentirla come una parte di noi. Anche se poi siamo infedeli, quand’è il momento di cambiarla. In realtà sono partito, cercando di ricostruire quali macchine abbia avuto mio papà, trovando anche delle vecchie foto di chissà quale tipo di gara cui partecipò, ma non ne sono venuto a capo. Apro parentesi: nella casa dei miei genitori esiste un cassettone di foto della loro e anche della mia vita. Non so, congiuntamente con mio fratello cosa ne faremo, perché in certi casi sono foto di cui non so neppure chi siano i ritratti e quali siano i luoghi. Buttarle via mi parrebbe un sacrilegio, ma prima o poi qualcuno lo farà. Chiusa parentesi. Un amico che sta facendo ricerche sugli albori dell’auto in Valle d’Aosta mi ha detto che mio papà ebbe come prima auto - così dicono i documenti - una Topolino, che essendo stata in produzione sino al 1955 (papà era del 1923) mi pare del tutto fondato. Poi ricordo vagamente che in casa spuntò (io sono del 1958) una Ford Anglia, vetturetta inglese di cui un solo modello venne venduto nel resto d’Europa, la 105E, dunque immagino fosse stata quella. Poi, così mi dice mio fratello più vecchio di cinque anni rispetto a me, arrivò un’altra Ford, la Consul, di cui non so nulla, se non che - o con questa o con l’auto precedente già citata - ho un flash di un d’incidente stradale in cui seduto dietro e papà, forse per evitare un trattore, uscì di strada e l’auto si rovesciò senza conseguenze gravi. Il resto mi pare sia stata una scelta che giustificò la presenza in casa di due garage: il garagino che conteneva la 500 auto di lavoro del papà veterinario che duravano pochi anni per il loro gran uso (le più belle erano le Abarth, che usai pure io, presa la patente); c’era poi il garage dove giaceva l’auto “di lusso” per grandi occasioni, che furono una serie di Giulia super di diverso colore e con una di queste provai in autostrada la prima ebbrezza della velocità. Da parte mia ebbi nel 1977 una A112 grigia metallizzata, cui seguirono poi delle Golf, una Passat, Audi e infine Volvo. Dapprima auto da single (quindi anche alcova…) e poi - sposato con figli - macchine per spostamenti, non avendo mai avuto difficoltà, anzi il piacere, nel guidare anche su lunghe percorrenze. Certo sono impressionato dal cambiamento della tecnica rispetto a certi modelli del passato e, senza indulgere a nostalgie, mi capita di osservare quanto siamo vittime di un’elettronica che inquieta per chi ha vissuto auto del tutto meccaniche. Ma il senso di libertà di diventare proprietario della prima auto, preceduta dal motorino e poi da una Vespa, resta uno di quei piaceri che non si dimenticano.