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03 giu 2024

Una montagna che è ”umana”

di Luciano Caveri

Sono stato ad una manifestazione prima a Gressoney-Saint-Jean e poi a Gressoney-La-Trinité organizzata da CVA, la compagnia pubblica che si occupa in Valle d’Aosta e non solo di energie rinnovabili.

Si trattava della presentazione dello svuotamento del lago artificiale del Gabiet, luogo stupendo a quasi 2400 metri con una visione unica sul massiccio del Monte Rosa. Un lavoro necessario per mettere a norma alcune parti di quella che è la prima diga entrata in esercizio in Valle d’Aosta. Costruita tra il 1919 e il 1923, la diga ha un bacino di oltre quattro milioni di m3 d’acqua e alimenta, assieme alle altre acque lungo la Valle del Lys, un sistema di centrali idroelettriche. Esempio interessante dello sviluppo tecnologico, che ha saputo sfruttare il ”carbone bianco”, energia rinnovabile per eccellenza.

La giornata era iniziata a Castel Savoia a Gressoney-Saint-Jean e mi sono così messo a riflettere sui altri segni umani che si sovrappongono sul medesimo territorio. A far costruire il castello fu - come ricorda il sito turistico della Valle d’Aosta - la Regina Margherita di Savoia, che soggiornava a Gressoney ospite dei baroni Beck Peccoz (con Luigi si dice di fu una reciproca passione) già dal 1889. Il castello sorge ai piedi del Colle della Ranzola nella località denominata “Belvedere”, in ragione della splendida vista che da lì domina tutta la vallata fino al ghiacciaio del Lyskamm. La posa della prima pietra dell’edificio avvenne il 24 agosto 1899 alla presenza di re Umberto I il quale, assassinato a Monza un anno dopo, non avrebbe visto la conclusione dei lavori, protrattisi fino al 1904. La dimora ospitò la Regina durante i suoi soggiorni estivi fino al 1925, un anno prima della sua morte, che avvenne a Bordighera il 4 gennaio 1926.

Ma proprio dal castello si vedono due aspetti: il primo è una larga parte della vallata e non si può non pensare a questo popolo che abita questa porzione di vallata, i walser con la loro parlata tedesca, i costumi tipici, l’architettura originale. Partiti dal Canton Vallese - parte germanofona - come dei pionieri del Far West in versione alpina, si sono sparsi in diverse località delle Alpi sin dal Medioevo, quando le frontiere erano ancora flou, prima cioè di vedere nascere gli Stati nazionali veri e propri, pur mantenendo sino ad oggi contatti fra comunità assai distanti anche con un festoso e grande raduno (Walsertreffen) a rotazione triennale fra Italia, Svizzera, Austria, Germania, Liechtenstein e quel che resta di loro in Francia. Aggiungo che ho avuto nelle località walser della Valle del Lys dei giorni memorabili della mia giovinezza, scoprendo la profondità della loro cultura e della loro singolare personalità, oltreché una grande accoglienza per chi diventi loro amico.

È sempre dal castello si vede un’altra tappa dello sviluppo: le piste del Weismatten, che fu negli anni Cinquanta fra le prime se non la prima seggiovia monoposto agli albori del boom dello sci. Si sono investiti molti soldi per avere, accanto alla mitica pista nera, uno stadio dello sci in onore del povero Leonardo David, seguendo le promesse delle autorità dello sci, che si dicevano disponibili ad avere una gara di Coppa del Mondo dedicato al giovane gressonaro prematuramente scomparso, se avessimo allestito quanto necessario. Lo facemmo è mai la promesso è stata mantenuta.

Bisogna avere curiosità verso i luoghi in cui si vive o che si visitano e della straordinaria capacità degli esseri umani di sovrapporre elementi culturali frutto del proprio ingegno. Parliamo sempre o almeno prevalentemente di quanto di negativo l’umanità è capace di fare e non ci interessiamo invece della febbrile capacità di creare.