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02 mag 2025

Routine e curiosità

di Luciano Caveri

Torno alla mia routine, dopo un viaggio in Giappone, ricco di scoperte e di tante strade e viaggi ferroviari percorsi. Ne parlerò quando avrò raccolto le idee.

Allora fatemi parlare della routine, una parola interessante, che un qualunque dizionario francese racconta così: “Le mot routine vient du français ancien route, qui signifiait “chemin” 0ou “voie”. Le suffixe -ine a été ajouté pour donner l’idée de quelque chose de répété, d’habitué, un chemin qu’on suit toujours. En gros, une routine, c’est comme un trajet qu’on parcourt tous les jours sans trop y penser”.

Sono stato fortunato nella mia vita, perché di percorsi ne ho fatti tanti e diversi fra loro. Questo mi ha consentito di fare esperienze diverse e cambiare le cose da fare senza finire in meccanismi troppo ripetitivi.

Credo che sia bene mantenere iva il senso della scoperta e coltivare la curiosità.

La parola curiosità viene dal latino cūriōsitās, che deriva da cūriōsus, che significa “desideroso di sapere”, “attento”, “premuroso”.

Chi ha studiato l’evoluzione del termine chiarisce come nella romanità curiositas avesse un significato un po’ negativo, perché se ne tenevano gli eccessi.

Scherzando si può dire, ma vale anche oggi, che esiste sempre il rischio di passare da curioso a ficcanaso, quando si superano certi livelli e si cade in vera e propria intromissione nelle cose che non ci riguardano.

Pian piano nelle epoche successive la curiosità è diventata sempre più sinonimo di desiderio di conoscenza, di voglia di scoprire il mondo e di sete di sapere. In epoca moderna, essere curiosi è considerato quasi sempre una qualità positiva, segno di intelligenza e apertura mentale.

Mettiamo a confronto due pensieri.

Sant’Agostino, alle porte del Medioevo. diceva che la curiosità è una “tentazione”, una forma di desiderio disordinato di vedere, sapere, sperimentare cose inutili o pericolose per l’anima. Per lui, la curiosità distrae l’uomo da Dio e dalle cose veramente importanti. Non è sempre male, ma è rischiosa: può portarci a perdere tempo o deviare dal cammino spirituale. Insomma, va tenuta a bada.

Invece, a cavallo fra Cinquecento e Seicento, Cartesio (“Cogito, ergo sum” ), vedeva la curiosità come per noi oggi: una molla fondamentale che spinge gli uomini a cercare la verità. È proprio dalla curiosità che nasce la filosofia, la scienza, la conoscenza.

Ha scritto il filosofo contemporaneo Emil Cioran, che pure nei suoi lavori non nascondeva mai un certo pessimismo: “La curiosità, non lo si ricorderà mai abbastanza, è il segno che si è vivi e ben vivi; la curiosità risolleva e arricchisce ad ogni istante questo mondo, vi cerca ciò che in fondo non smette di proiettarvi, è la modalità intellettuale del desiderio. Perciò, a meno che non sbocchi nel nirvana, l'incuriosità è un sintomo dei più allarmanti. In certe contrade dell'America latina, è consuetudine annunciare un decesso in questo modo: Un tale è diventato indifferente. Questo eufemismo da partecipazione funebre nasconde una filosofia profonda”.

Per questo, per non spegnersi anzitempo, sono un sostenitore della curiosità.