Viaggiare: per farlo bisognerebbe avere più tempo. Non è neppure facile essere tranquilli sulla meta.
Guardatevi il sito "Viaggiare Sicuri" del Ministero degli Affari Esteri. Spuntano elenchi inquietanti.
Conflitti armati o guerre civili in corso (es. Ucraina, Sudan, Yemen). Elevatissimo rischio di terrorismo e sequestri (es. Afghanistan, Siria, Libia, alcune zone del Sahel). Grave instabilità politica e assenza di controllo territoriale (es. Repubblica Democratica del Congo, Haiti). Criminalità violenta molto diffusa (es. Venezuela, Papua Nuova Guinea, alcune zone del Sud America).
Mi fermo qui, confermando, tuttavia, che viaggiare è importante e devo dire che anche nei periodi più intensi ho sempre fatto in modo di staccare e scoprire posti vicini e luoghi distanti, cui si sono sommati anche soggiorni per impegni di lavoro, altrettanto interessanti per stare in luoghi mai visti.
Ci pensavo, osservando una casualità. Mi sono messo a leggere un libro di Simone Guida “L’inganno dei confini. Come la geografia governa il mondo”, dove incidentalmente sulla porosità dei confini viene citata anche la piccola Valle d’Aosta e il suo particolarismo.
L’introduzione del libro mi ha spinto ad una lettura vorace del corposo volume: “Era il 12 aprile del 1961, quando il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin divenne il primo essere umano a viaggiare nello spazio. «Un grande passo per l'uomo, un grande balzo per l'umanità» avrebbe detto un altro astronauta, stavolta statunitense, otto anni più tardi. La citazione per cui tutti ricordiamo Gagarin, invece, è la seguente: «Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere, né confini». Il suo stupore è più che comprensibile. All'epoca, nessuno aveva la possibilità di consultare una mappa online e, tramite satellite, dare una sbirciatina dall'alto al nostro pianeta.
Il cosmonauta si trovò di fronte a un'enorme sfera imperfetta di colore blu, su cui galleggiavano le terre emerse. Non c'era alcuna bandiera a separarle, nessuna linea, né tantomeno alcuna cortina di ferro. Fortificazioni militari, demarcazioni territoriali, divisioni tra popoli: nessuna di queste cose aveva senso, lì nello spazio. Quel 12 aprile del 1961, Jurij Gagarin aveva appena svelato l'inganno dei confini”.
Così l’autore percorre i diversi Continenti e svela appunto l’inganno dei confini e i marchingegni per crearne, spesso di assurdi, se non incomprensibili.
Mentre leggo l’appassionante caso dell’Africa con i suoi confini tagliati dalla rozzezza del colonialismo, suona alla porta un corriere. Scarto il pacco e scopro un librone: si tratta del più recente Atlantico Geografico della De Agostini.
Scopro che è stata una pregevole idea di mia moglie Mara, che a beneficio nostro e del nostro figlio addicted del Web ha deciso che carta canta e avere cartine geografiche ricche e dettagliate (come nel libro sui confini poco fa citato) è una straordinaria ricchezza.
Non tornerò, con inutile vanagloria, su quel Caveri mio avo: il cartografo genovese di origine monegliese Nicolò Caveri, autore di un “planisfero", cioè di una mappa del mondo, databile parrebbe nel 1504, era conservato proprio a Parigi presso gli “Archives du Service Hydrographique de la Marine" e oggi presso la "Bibliothèque Nationale". Il rendiconto dell’Accademia dei Lincei di un intervento del professor Paolo Revelli racconta - in una seduta del 1947, presieduta da Luigi Einaudi - della probabile amicizia tra il cartografo e il suo concittadino Cristoforo Colombo (le famiglie possedevano dei terreni confinanti in una zona di campagna), visto che la carta tiene conto proprio delle scoperte colombiane e della necessità, per così dire, di esaltare il ruolo del celebre navigatore.
Chiudo parentesi.
Torno alle carte geografiche e al loro ruolo. Certo abbiamo i navigatori che ci evitano le cartine che un tempo veniva prese ai distributori di benzina.
In troppe scuole sono sparite le carte geografiche sui muri, che servivano come utile complemento didattico. E purtroppo gli stessi atlanti geografici paiono pubblicazioni polverose in un’epoca in cui consultare la carta e le carte sembra un esercizio anacronistico nel nome del verbo digitale. Eppure l’esercizio potrebbe avere una sua utilità per tutte le generazioni. Agli estremi potrebbe essere una qualche nostalgia per i più vecchi ed una scoperta per i giovanissimi di un mondo affascinante.
Da sempre, in modo un po’ pedante, invito all’apprendimento della Storia senza la quale ci troviamo spogli di un sacco di ammaestramenti per sapere chi siamo e per capire che cosa ci potrebbe capitare, ma è difficile scindere questo dalla logica terra a terra della Geografia, che rischia di essere sempre più negletta.
Lascio, per ragionarci, una frase di Immanuel Kant: “La geografia si occupa di un argomento terreno, ma è una scienza celeste”.