Ieri, come tutti, ho appreso della morte delle gemelle Kessler.
Dopo la confusione iniziale sulla dinamica, è apparso chiaro come le due sorelle abbiano deciso di comune accordo di ricorrere al suicidio assistito, dandosi assieme la morte per autonoma decisione.
I filmati trasmessi a raffica dalle televisioni mi hanno fatto andare indietro con la memoria alla mia infanzia e alla mia giovinezza.
Naturale che si dia loro molto spazio sia nella Televisione generalista che sui giornali oggi in edicola. I telespettatori e i lettori di giornali sono soprattutto quelli della mia età o un poco più giovani. Lo zoccolo duro dei babyboomer o al massimo di un quindicennio dopo.
Per loro, per me Alice ed Ellen erano volti - direi corpi - ben fissati nella memoria sin dalla TV in bianco e nero, quando la RAI era monopolista e poi negli esordi della televisione a colori, più o meno contemporanea all’esplosione dell’emittenza privata.
Inutile dire come, per noi adolescenti di allora, la scossa erotica delle gemelle tedesche, algide e sorridenti, esisteva di certo con quelle lunghe gambe che dirigenti democristiani bacchettoni avevano all’inizio coperto con calzamaglie.
Vivevamo in una mondo nel quale era la Televisione il grande Manitou che irrompeva nella nostra esistenza, in assenza di altro che incidesse in modo così forte. Fu una rivoluzione vera e propria che ha inciso su generazioni in modo indelebile.
Marshall McLuhan, il grande teorico dei media, scriveva proprio di questo negli stessi anni dell’esordio della carriera delle ballerine tedesche, con analisi molto profonde sugli effetti della Televisione, considerandola uno dei medium più rivoluzionari del XX secolo. E aveva ragione!
Certo la TV è molto cambiata da allora, ma resta intatta l’intuizione del sociologo canadese, quando diceva che la Televisione era destinata a trasformare la società moderna (alfabetizzata, lineare, individuale) in una “tribù globale” (global village).
Resta intatta anche l’idea, espressa al tempo, che la TV avrebbe portato il globo nel salotto.
Così le Kessler sono diventate un volto amico per noi, la tribù di quelli stregati dalla loro bellezza e bravura.
Oggi per questo viviamo un lutto, come se fossero dei familiari e le ricordiamo per questa ragione con un trasporto che forse appare esagerato, se non ridicolo, ai giovanissimi.
La presenza delle Kessler era davvero persistente, segno di una professionalità che oggi non sempre esiste nella logica attuale dell’”usa e getta” anche in Televisione con personaggi che vengono bruciati con una sconcertante velocità.
Confesso senza complessi che ieri ho canticchiato alcune delle loro straordinarie canzonette allegre che caratterizzarono l’aria dei tempi pieni di speranza del dopoguerra, che mi considero fortunato di aver vissuto.
Erano fuggite dalla Germania dell’Est, persino prima della costruzione del muro di Berlino, testimonial di quella voglia di Occidente, che era già pietra tombale per il socialismo reale e le utopie raccontate di chissà quale Bengodi oltre cortina.
Questa voglia di libertà le due sorelle gemelle l’hanno mantenuta con la loro scelta di morire, quando hanno ritenuto che la loro lunga esistenza, così piena di soddisfazioni, fosse giunta al capolinea.
In Germania, a differenza dei ritardi e delle omissioni dell’Italia, la legislazione vigente ha dimostrato quanto sia legittimo scegliere, in scienza, coscienza e legittimo diritto,