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29 dic 2025

Gli islamisti fra noi

di Luciano Caveri

Ho una collega giornalista che conosce bene le vicende mediorientali per lo studio sul tema e per i molti reportage accumulati in quella zona del mondo.

Abbiamo discusso dei ProPal diffusisi dappertutto in Occidente con comportamenti e atteggiamenti che in molti casi dimostrano una mancanza di conoscenze e rischiose semplificazione di vicende complesse, che non stanno dentro logiche da slogan.

Ma ogni obiezione ti cataloga come paladino di Israele e nemico della Palestina. Per cui in molte occasioni conviene esprimersi solo quando necessario per quieto vivere contro la chiassosa aggressività e la visione ideologica che rende sterile ogni confronto.

Le recenti vicende che riguardano l’imam di Genova meritano però qualche pensiero. Questo Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun, architetto palestinese residente a Genova da decenni, era ben notoleader del Centro islamico locale e presidente dell'Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (ABSPP).

Il suo arresto (insieme ad altre persone), nell'ambito di un'operazione antiterrorismo coordinata dalla Procura di Genova (DDA e DNA), ha come accuse l’Associazione con finalità di terrorismo internazionale (inclusa eversione dell'ordine democratico) e il Finanziamento dell'organizzazione terroristica Hamas (considerata tale dall'UE, USA e Israele).

Gli accusati avrebbero creato sistema di raccolta fondi tramite associazioni "umanitarie", che doveva ufficialmente servire per aiutare la popolazione palestinese, mentre, secondo, gli inquirenti, oltre il 71% dei fondi (totale stimato 7-8 milioni di euro raccolti dal 2001 in poi, con intensificazione dopo il 7 ottobre 2023) sarebbe stato dirottato per finanziare direttamente Hamas, incluse le sue articolazioni militari, il sostegno a familiari di attentatori suicidi o detenuti per terrorismo, e altre attività del gruppo.

Hannoun è indicato come membro del comparto estero di Hamas e vertice della cellula italiana del movimento. Tra le prove: intercettazioni con apprezzamenti per attentati terroristici, riferimenti alla jihad, contatti con esponenti di Hamas (anche riunioni in Turchia), flussi finanziari tracciati (contanti, bonifici, triangolazioni estere come Turchia), e documenti interni di Hamas su raccolta fondi e reclutamento.

Questo arresto scalda il dibattito politico italiano e riapre una questione già emersa e cioè la capacità di camuffamento politico nel mondo islamista è oggetto di un acceso dibattito che coinvolge teologia, sociologia e strategia politica.

Premetto una cosa importante. È essenziale distinguere tra la religione islamica (fede di oltre un miliardo di persone) e l'islamismo, che è un'ideologia politica che mira a ordinare la società secondo i precetti religiosi.

Molti studiosi e osservatori sostengono che esista effettivamente una capacità di adattamento e di "mimetismo" utilizzata per operare all'interno delle democrazie occidentali senza allarmare le istituzioni. Hannoun lo ha dimostrato con grande capacità e astuzia e oggi gli esponenti politici che lo hanno incontrato e sostenuto sono in evidente imbarazzo e la richiesta di non strumentalizzare la vicenda a uso interno finisce per essere una debole giustificazione, visto che sospetti sull’imam c’erano già stati.

Spesso, nel dibattito pubblico, viene in casi di questo genere citato il termine Taqiyya. Tradizionalmente, è un concetto legato soprattutto al mondo sciita. Permette al credente di negare esternamente la propria fede o di non praticarne i riti se si trova in uno stato di pericolo di morte o grave persecuzione.

Si evoca poi il concetto di Kitman (Riserva mentale), che si concretizza nel dire una verità parziale o nell'usare un linguaggio ambiguo per nascondere le proprie reali intenzioni, pur non mentendo apertamente.

Secondo alcuni, la Taqiyya non sarebbe più una misura di protezione estrema, ma un mezzo per infiltrarsi nel tessuto sociale e politico occidentale (il cosiddetto "entrismo").

Come caso di scuola, vengono citate le ambiguità della strategia della Fratellanza Musulmana, è la capacità di mantenere due piani di comunicazione distinti. La logica è quella di mantenere intenti radicali, ma accreditandosi furbescamente come interlocutori moderati e "rappresentanti ufficiali" delle comunità musulmane agli occhi dei governi occidentali.

Un esperto come Lorenzo Vidino, Direttore del “Program on Extremism” della George Washington University, ha evidenziato come l'islamismo in Occidente si sia evoluto. Non cerca necessariamente lo scontro violento (tipico dei gruppi jihadisti come ISIS o Al-Qaeda), ma preferisce una "battaglia culturale" con infiltrazione nelle istituzioni, evocazione facile dei diritti civili a tutela della libertà religiosa e persino una capacità mimetica con l’uso di abiti occidentali.

Ovviamente non esiste su questa tesi una unanimità.

A chi considera che gli islamisti usino un cavallo di Troia, nascondendo l'obiettivo finale rimanga l'egemonia religiosa e dunque la moderazione sarebbe solo tattica.

Altri sostengono che molti movimenti subiscano una reale trasformazione pragmatica. Partecipando alla vita democratica, questi gruppi finirebbero per essere integrati dal sistema, cambiando i loro obiettivi reali nel tempo.

Personalmente non credo che ci si debba troppo dividere, ma vigilare come avvenuto in Italia e in altri Paesi, scoprendo i colpevoli e senza essere generosi con chi ha finito per cavalcare, consciamente o inconsciamente, certe tattiche pericolose.