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06 lug 2014

Azzurro

di Luciano Caveri

Hai un bel da dire che il tempo - nella sua accezione di "insieme di elementi meteorologici che caratterizzano lo stato dell’atmosfera su un luogo o su una regione in un determinato momento" - non conta. Conta moltissimo e non solo se sei meteoropatico e cioè subisci veri e propri malesseri a seconda del clima, ma perché influenza in profondità i tuoi comportamenti, specie se - di questo parlo oggi - ti ritrovi in vacanza. Una premessa è d’obbligo: chi mi segue sa che non considero il maltempo, nelle sue manifestazioni non disastrose, come un accidente. Anzi, ho più volte teorizzato uno stato di estasi per una bella nevicata (sempre che uno non sia chino a mettere le catene alla macchina) o vantato l'energia rivitalizzante di un bel temporale (a condizione che non ti colga impreparato nel pieno di una gita in montagna). Quando vedo le "meteorine" televisive o gli attempati colonnelli dell'Aeronautica militare assumere l'aria depressa se annunciano mogi il maltempo come se fosse colpa loro e dovessero spurgare in diretta la colpa, vorrei fare una telefonata per dire di stare su con la vita, perché c'è di peggio e magari quel tempaccio è una benedizione per la Natura. Ma, come tutto, ci deve essere "modus in rebus", per cui confesso come almeno qui da dove scrivo, vale a dire il profondo Nord, questa primavera-estate, come si è configurata sinora, la trovo deprimente e penso che lo stesso valga per i turisti che ci sono e quelli che - anche per colpa del tempo - non ci sono. Capisco che non si possa fare nulla, ma al famoso «crepi l'astrologo!» si aggiunge ormai un proverbiale «crepi il meteorologo!». Immagino che non sia facile prevedere, ma non vorrei infine - specie di fronte a formule previsionali sempre più esoteriche, contenendo in sé tutto e il contrario di tutto, fino a pigliarci fare mia la frase del politico e personaggio televisivo belga Wiet Van Broeckhoven, che - pur con il nome che sembra un enigma - sostiene: «Il problema delle previsioni del tempo è che non sei mai sicuro che siano sempre sbagliate». Scherzo, naturalmente. La mia amicizia personale con il meteorologo Luca Mercalli, persona serissima e competente, malgrado aborrisca il tono professorale nello spiegare la sua materia davvero complessa, mi ha fatto più volte sprofondare nelle ragioni per cui chi prevede può prendere delle topiche. Per cui, nel caso di Luca, come ho testato ad esempio nelle scelte sulla partenza o meno del "Trofeo Mezzalama" - sci-alpinismo a quote estreme - quando ne ebbi qualche responsabilità, la sua prudenza è corrispondente all'acume con cui sa legge la messe di documentazione, ormai vastissima, che uno scienziato del settore si trova ad avere a disposizione. Ma un conto è rendere comprensibili al grande pubblico gli avvenimenti meteo prossimi venturi, come lui fa in scienza e coscienza, un conto è il "Far west" italiano delle previsioni, spezzettate in particolare fra Aeronautica militare (che mantiene inspiegabilmente un ruolo motore, pur essendo il suo un mestiere militare diverso), i sistemi meteo regionali (alcuni eccellenti ed alcuni privi di quei sistemi in scala, che consentano previsioni di qualità) e poi c'è una congerie di privati - più o meno validi - che agiscono su quello che è un vero e proprio mercato. Perché - lo vediamo dalle pubblicità sui siti meteo - più utenza si collega e più si guadagna, spesso a discapito della credibilità, come fanno quelli che proiettano le previsioni su tempi così lunghi da sfiorare il ridicolo. Ciò detto speriamo che questa estate cambi musica, come si diceva dovesse avvenire al Nord in queste ore. Perché, come scrisse Paolo Conte e cantò per primo Adriano Celentano, segnando la mia generazione, l'estate è "Azzurro": «Cerco l'estate tutto l'anno e all'improvviso eccola qua. Lei è partita per le spiagge e sono solo quassù in città, sento fischiare sopra i tetti un aeroplano che se ne va. Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me».

Stamattina così pare essere!