Mi capita di commuovermi - e non l’ho mai nascosto - di fronte a certe situazioni.
Mi viene in mente il Canto VIII dell'Odissea: ”Ulisse pianse nel sentire cantare le gesta sue e degli altri Greci, a Troia. Ma non voleva farsi scoprire. Col lembo del mantello, si coprì il volto e asciugò le lacrime. Solo Alcinoo, re dei Feaci, se ne accorse ma non disse nulla”.
Così come mi capita spesso di ridere nel corso della giornata e mi appartiene il gusto della battuta per far ridere gli altri.
Ho sempre ammirato Desmond Morris, l’etologo britannico celebre per opere come La scimmia nuda e per i suoi studi sul linguaggio del corpo umano.
Ha dimostrato attenzione al riso e al pianto come espressioni evolutive del comportamento di noi esseri umani. In particolare, nel suo libro ”L'uomo e i suoi gesti”, Morris esplora le origini biologiche e sociali di queste reazioni emotive, vedendole non solo come manifestazioni individuali, ma come eredità della nostra specie primate.
Spesso ci dimentichiamo di questo nostro legame con le scimmie, che non piace ai numerosi negatori del darwinismo (tra gli altri risulta esserci un certo Trump).
Morris spiega che il pianto è una delle prime risposte emotive dell'essere umano: presente fin dalla nascita, serve a segnalare bisogni immediati (come fame o disagio) e a rafforzare i legami sociali, attirando cure e protezione. È un gesto universale, radicato nell'evoluzione, simile ai vocalizzi di allarme negli animali.
Spiega, invece, che il riso emerge più tardi, intorno al terzo o quarto mese di vita, proprio quando il bambino inizia a riconoscere volti familiari come quelli dei genitori. Morris lo descrive come una "versione modificata" del pianto: non un segnale di di stress , ma di sollievo o piacere sociale. Deriva da antichi meccanismi di "gioco predatorio" negli animali, dove il riso funge da "segnale di non pericolo" durante interazioni ludiche, prevenendo malintesi aggressivi.
Questa connessione evolutiva tra i due – ridere come "evoluzione giocosa" del pianto – spiega perché, in situazioni estreme, possano intrecciarsi: pensiamo al riso isterico durante il dolore o al pianto di gioia, fenomeni che Morris attribuisce alla complessità del cervello umano, capace di sovrapporre emozioni contrastanti per adattarsi al caos sociale.
Insomma, il riso rafforza i gruppi sociali, diffondendo endorfine e riducendo tensioni – un "lubrificante" per la convivenza. Il pianto, al contrario, purifica e connette emotivamente, ma in eccesso può isolare. In un mondo sempre più "civilizzato" e represso, Morris invita a osservarle senza giudizio: né ridere né piangere di esse, ma capirle, riecheggiando Spinoza ("Né ridere, né piangere, ma comprendere").
Questo contrasto si trova anche in una celebre frase di Gesù ”Beati voi che ora piangete, perché riderete"** è tratta dal Vangelo secondo Luca capitolo 6, versetto 21, all'interno del discorso delle Beatitudini Nel contesto, Gesù si rivolge ai suoi discepoli e alla folla, presentando una serie di benedizioni per chi vive situazioni di difficoltà, povertà e sofferenza, promettendo una ricompensa futura. di un popolo in attesa di liberazione. La promessa del "riderete" non è solo un conforto emotivo, ma un annuncio escatologico: il Regno di Dio porterà un'inversione radicale delle condizioni umane, dove chi soffre ora troverà gioia e compimento.
Se Desmond Morris nel suo approccio antropologico, potrebbero interpretare il passaggio dal pianto al riso come un riflesso universale della resilienza umana, Gesù lo eleva a una dimensione trascendente.
Meglio chiudere con un sorriso attraverso alcuni aforismi che ho scritto anni fa e che ho ritrovato.
Temo che non siano del tutto comprensibili ai non valdostani, ma mi butto lo stesso.
”Reina: datemi un torero", "Coppa dell'amicizia evita tappabuchi", "Salasso: lo ha dissanguato il romano", "Pan ner: il blues del pane", "Il Cervino al mare sarebbe uno scoglio", "Bamba: turista milanese su di giri", "Monte Rosa: per ora non è un'icona gay", "Guida alpina, la scuola guida sui monti". Potrebbe poi esserci un filone gastronomico che tende a edulcorare la realtà: "Burro: l'olio del latte", "Boudin, lo snack del vampiro", "Saucisse: maiale spinto nel budello", "Teteun: niente paura aveva una quinta", "Jambon de Bosses: l'unico di cammello".
Chiedo perdono.