L'espressione "Come eravamo" non esisteva in italiano in questa dizione esatta, perché è entrata nella lingua direttamente dal titolo del celebre film statunitense del 1973, "The Way We Were", interpretato da Barbra Streisand e Robert Redford, e diretto da Sydney Pollack.
Qualcuno lo ricorderà: il film racconta una storia d'amore tormentata tra due persone con background diversi, ambientata tra gli anni '30 e '50, e il titolo evoca un senso di nostalgia per il passato, espresso anche in una canzone diventata celebre (https://youtu.be/ifWOSnoCS0M?si=RoMJ9Fha1iejl17L), evocata non a caso in occasione della morte recente del grande attore statunitense.
Non esisteva in italiano, come premesso, un’espressione antica o letteraria con questo stesso identico significato. Frasi simili come “com'eravamo una volta” esistevano nel parlato, ma la forma cristallizzata “come eravamo” deve - come dicevo - la sua diffusione al film citato.
Da allora, l'espressione è entrata nel linguaggio comune per rievocare con un tono malinconico o nostalgico un periodo passato della propria vita o di una comunità. Con il rischio, specie invecchiando, di mitizzare in qualche modo un tempo in cui le cose o le persone erano diverse, spesso con una legittima ottica sentimentale che rischia, tuttavia, di falsare la realtà.
Viene in mente la frase in latino: “Laudatores temporis acti",che significa letteralmente: "Lodatori del tempo passato". Viene utilizzata per descrivere quelle persone che tendono a idealizzare il passato e a giudicare il presente in modo negativo, spesso con un atteggiamento elegiaco per quello che fu e, di conseguenza, critico verso i cambiamenti e le novità.
La frase è una citazione dal poeta romano Orazio (Quinto Orazio Flacco), tratta dalla sua opera Ars Poetica (Epistola ai Pisoni), verso 173:: "...difficiles, queruli, laudatores temporis acti se puero... (…difficili, lamentosi, lodatori del tempo passato quando erano giovani...)".
Ho due sentimenti sul tema.
Il primo, applicato agli aspetti personali ed intimi. Giorni fa, ero con i miei compagni di scuola del Liceo e in queste occasioni avere una visione nostalgica ci sta assolutamente e scalda il cuore. Ci sono momenti in cui vale quanto ben espresso in una parola in francese “retrouvailles", che si traduce in italiano - ma è meno efficace - com “ritrovarsi”. Perché “retrouvailles” è più preciso e caldo davvero “il momento gioioso del ritrovarsi con qualcuno dopo tanto tempo”. In italiano non esiste un termine unico con la stessa musicalità e carica emotiva.
Viceversa, in politica ed è il secondo punto, fatta salva la Storia e le radici ideali e valoriali, mai bisogna essere passatisti ed elogiare il passato tingendo tutto di rosa, sforzandosi invece di essere saldamente ancorati al presente e con l’impegno e la necessità di guardare al futuro.
Con l’intento ben espresso da Antoine de Saint-Exupéry: “Quanto al futuro, il tuo compito non è prevederlo, ma renderlo possibile”.
Già, perché di questi tempi l’orizzonte è oggettivamente tempestoso e se non deve esserci un eccesso di ottimismo retroattivo, considero altrettanto criticabile l’eccesso di euforia per l’avvenire.
Il realismo delle difficoltà e impostare le cose per tempo, sapendo dell’alea di’ indeterminatezza, mi sembra il miglior viatico.
Come si può non citare Victor Hugo e il suo noto ammonimento:”L’avvenire ha molti nomi: per i deboli, significa l’irraggiungibile; per i timorosi, significa l’ignoto; per i coraggiosi, significa opportunità”.