Una volta questi miei pensieri quotidiani era possibile commentarli e avevo la possibilità di far accedere o escludere chi volesse entrare nel sito per farlo.
Ma dover fare questo lavoro di moderatore era uno sforzo suppletivo e mi costringeva ad aggiungere allo scritto quotidiano anche repliche e il tempo non lo avevo. In genere erano confronti civili, ma c’era anche qualche maleducato e qualche compulsivo. Ora chi vuole - e capita - mi scrive una mail e io, come faccio con chiunque mi contatti, rispondo in un rapporto chiaro alla luce del sole.
Non lo faccio con chi non si firma o si nasconde dietro ad un nickname. Ricevo ancora - e mi fanno tenerezza - lettere anonime. L’ultima era del tutto incomprensibile, ma era stata frutto di un lungo lavoro di ritaglio di lettere dal giornale per poi incollare parola per parola con spesa per mettere il francobollo. Sicuramente qualcuno di vecchia generazione, che ha meritato almeno un sorriso di compatimento.
Sin da subito decisi di non entrare, invece, su Facebook. Troppi odiatori su quel Social, che hanno finito per imbrattarlo. Lo constatavo l’altro giorno, guardando i commenti su di un mio intervento a Venezia, e ho provato pena per queste persone - alcune le conosco - che dimostrano livore e ignoranza. Forse qualcuno meriterebbe una bella querela, ma in certi casi basterebbe uno specchio per guardarsi in faccia e constatare la loro pochezza. Spesso intrisa di null’altro che invidia ed è significativo che confermi la nocività degli estremismi, anche di schieramento opposto.
Lo scrittore Carlos Ruiz Zafón così diceva: ”L'invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perché la sua anima non apparterrà mai a loro”.
Gli odiatori sui Social (o haters, in inglese) sono stati oggetto di studio. E così ormai vengono classificati quegli utenti che esprimono commenti ostili, offensivi o aggressivi verso altri utenti, gruppi sociali, istituzioni o tematiche specifiche. Si distinguono per un comportamento costante e deliberato volto a provocare, insultare o degradare, spesso - come dicevo - nascondendosi dietro l’anonimato o pseudonimi. I poverini - in certi casi esempi di vite senza successi o con clamorosi insuccessi - adoperano parole cariche di rabbia, insulti o minacce, talvolta in modo diretto, altre volte più subdolo.
La loro intolleranza è quasi sempre ripetitiva e serve a sfogare le proprie frustrazioni. Spesso sono pure dei pavidi e si sentono più liberi on line di dire cose che non direbbero faccia a faccia.
Insomma: non bisogna neppure considerali e lasciare che si macerino nella loro mediocrità.
Quel che deve essere chiaro è che certi comportamenti non possono essere tollerati, come fanno alcuni difensori del genere, giustificandosi con l’utilizzo della libertà di opinione. Sia chiaro che questo valore costituzionale non può essere scudo per diffondere odio, incitare alla violenza, discriminare o denigrare.
Nessuno vuole escludere critiche che possano essere anche aspre, ma chi esagera e travalica limiti di buonsenso almeno non faccia, per favore e per pudore, il paladino della libertà.