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17 giu 2025

A proposito della patata

di Luciano Caveri

Quando si scopre che persino Pablo Neruda ha dedicato una poesia alla patata, allora si potrebbe persino chiudere qui il discorso.

Scoppietta/nell’olio/facendo bollire/l’allegria/del mondo:/le patate/fritte/entrano/nella padella/come innevate/piume/di cigno mattutino/e escono/semidorate dalla crepitante/ambra delle olive.

Ci pensavo, leggendo Le Monde, che racconta la patata in versione belga. Premetto che le patatine fritte del Belgio sono, a mio modesto avviso, le numero uno e rinvenibili nella versione super in apposito baracchino nella Place Jourdan di Bruxelles.

Nell'articolo a firma di Jean-Pierre Stroobants c'è una storia istruttiva, che mostra come su tutto ci sia sempre un rovescio della medaglia.

L’inizio è una ode: “La frite belge a son musée à Bruxelles, sestemples, les légendaires fritkots, implantés partout dans le royaume, ses blagues (« Un cannibale belge, c'est un type qui mange des frites crues ») et, aussi, ses légendes. Comme celle qui veut que les french fries auraient, en réalité, été inventées au XVI siècle par des Wallons, qui, privés de pêche lors des grands froids, découpaient des patates en forme de petits poissons et lesplongeaient dans de la graisse bouillante. Aujourd'hui, la production de frites est surtout devenue, pour d'anciens patatiersflamands, un formidable filon qui leur permet de bâtir des empiresindustriels et de rivaliser avec les plus grandes fortunes du pays”.

Nelle Fiandre c’è la sede di un gigante delle patatine, chiamato Clarebout, dal nome dei fondatori, che è “le leader européen et le troisième producteur mondial de frites surgelées, derrière le canadien McCain et l'américain Lamb Weston. Selon une récente enquête du quotidien flamand De Standaard, le bénéfice brut annuel de Clarebout Potatoes frôle les 450 millions d'euros et la société pèserait entre 4 et 6 milliards d'euros. Agristo, égalementen Flandre-Occidentale, est cinquième dans ce classement”.

Ancora un dato: “En Flandre et en Wallonie, les surfaces agricolespour la pomme de terre ont doublé en quarante ans : 106 600 hectares lui sont aujourd'hui dévolus”.

Il processo produttivo, tuttavia, è oggetto – ed ecco il rovescio della medaglia – di critiche per gli odori, i rumori e il grasso che si spande nell’aria, così come per le condizioni di lavoro nelle fabbriche di patatine.

La patata è una storia di successo anche in Valle d’Aosta, questa volta senza aspetti negativi. La patata da noi isi può dire in francese, pomme de terre, o in francoprovenzale e suona come trifolla o tartifla, e ha una parentela linguistica con il tedesco kartoffel.

Leggo su un sito francese specializzato in linguistica questo giro: ”De tartuficolo (« petite truffe »), nomdonné en Italie à la pomme de terre lors de son arrivée dans le pays, de l’italien tartufolo, diminutif de tartufo (« truffe »). Olivier de Serres la décrit en 1600 sous le nom de cartoufle, par francisation du mot allemand. Cognat avec tartifle”.

Da noi ha avuto una storia difficile: la patata è arrivata a metà Settecento portata dalla Francia da un notaio di Châtillon ed è stata inizialmente avversata, anche dal celebre dottor César Grappein di Cogne, che pensava che "risucchiasse" i veleni della terra.

È poi diventata un must dell'alimentazione povera, ormai assurta a leccornia tradizionale, a dimostrazione che le innovazioni un giorno o l'altro possono diventare autoctone più che mai e, come è avvenuto appunto con la "trifolla", sostituire coltivazioni precedenti.

Aggiungerei, a completamento della “invasività della patata”, le espressioni linguistiche che ne mostrano l’aderenza popolare. Tipo la celebre”patata bollente”, problema serio e spinoso da affrontare. Oppure l’offensivo “sacco di patate” o il singolare “idem con patate”, quando ci si trova di fronte ad una cosa già vista o già detta.

In francese, invece, se vi sentite pieni di energia potete dire “j’ai la patate!”. Oppure se prendete un cazzotto lo si può definire una “sacrée patate”. Con un brutto vestito potreste sentirvi dire che assomigliate ”à une pomme de terre”.

Insomma: anche nel linguaggio la patata (e evito espressioni anatomiche) dilaga.